Mondiali di nuoto, Italia argento nella 4x100 stile libero: prima medaglia dalla piscina in Giappone

Gli azzurri Alessandro Miressi, Manuel Frigo, Lorenzo Zazzeri e Thomas Ceccon hanno chiuso in 3':10.49

Domenica 23 Luglio 2023
Mondiali di nuoto, Italia argento nella 4x100 stile libero: prima medaglia dalla piscina in Giapone

C’è, splendente, un raggio d’argento italiano nel mare d’oro dell’Australia (quattro vittorie con due record del mondo per i nuotatori di laggiù) e nella storia che scrive il francese Marchand, cancellando l’ultimo record individuale di Michael Phelps nei 400 misti nella prima giornata di nuoto ai campionati di Fukuoka, Giappone.

Il raggio d’argento è di un quartetto, Alessandro Miressi, Manuel Frigo, Lorenzo Zazzeri e Thomas Ceccon, che fino all’ultima vasca erano in testa ma nulla da rimproverarsi e piuttosto tutto da elogiare, perché il quarto frazionista dell’Australia era Kyle Chalmers, un ragazzo del ’98, tutto tatuaggi, vita spericolata, salute mentale ritrovata andando a lavorare in un cantiere edile, rivali in amore a bordo vasca e oro nei 100 a Rio.

«Sa di oro»

«Questo argento sa di oro» è il commento a fine gara di Lorenzo Zazzeri. Ha ragione, probabilmente. La spiegazione sta nei numeri: Miressi 47.54 dà il cambio per primo a Manuel Frigo che, 47.79, fa lo stesso con Zazzeri, che, 48.13, è ancora primo per Ceccon che nuota «il mio miglior lanciato» 47.03, ma quell’indiavolato di Chalmers risponde con 46.56 e c’è il sorpasso. «Dispiace perdere per poco, ma siamo stati bravissimi» dice Frigo: il poco è che l’Australia ha chiuso in 3:10.16, l’Italia in 3:10.49, il poco è 33 centesimi, un terzo della durata di un battito di ciglia. Zazzeri rinvia al mittente qualche scetticismo: «Questa è la sola gara che conta, in staffetta ci esaltiamo, siamo amici, qui è l’habitat naturale nostro, e potevamo vincere». Miressi guarda ora con più fiducia alla gara individuale: «Sono contento di essere tornato ai miei livelli, Zazzart si sta riprendendo, Thomas ha fatto pure i 50 farfalla; ci rifaremo l’anno prossimo». Da prendere appunti: l’anno prossimo è quello di Parigi 2024.

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«Ho fatto 47 metri»

Stati d’animo diversi per gli azzurri che erano passati dalla tagliola eliminatoria del mattino a quella delle semifinali del pomeriggio verso le finali di domani. Passano entrambi i turni Ceccon e Martinenghi, si fermano al secondo step Poggio e Sara Franceschi.
Ceccon è nei 50 farfalla; la mattina è barbuto come un castrista e va in souplesse, il pomeriggio s’è tolto barba e peli dalle gambe, si tiene i baffi come Spitz (e come Frigo…) e va in finale con 22.92, terzo tempo, il primo è del muscolatissimo francese Grousset.
«La mia gara è durata 47 metri. Avessi fatto anche l’ultima bracciata…» dice fiducioso Thomas di Thiene, provincia di Vicenza. «Magari non ho la partenza, ma il miglior secondo 25 è mio». Parla pure della staffetta in anticipo: «Medaglia sicura, non so di che metallo, ma sicura». I fatti gli daranno ragione. Martinenghi, come Poggio, è nei 100 rana, è campione uscente ma se non trova la “rabbia” di Greg tutti la vedono dura: 59.21, settimo tempo il suo. «Volevo spingere nei primi 50, ma che fatica; volevo provare quanto ne avevo». L’espressione non è rassicurante, ma se ci fosse un coniglio nel cilindro per domani.

Da questa semifinale esce delusissimo Federico Poggio. Aveva fatto 59.43 in batteria, si peggiora in semi, come un po’ tutti. «Di mattina mi sentivo proprio bene, oggi non so perché ma non ero io» dice mesto. Vive un piccolo dramma in diretta tv la mistista Sara Franceschi, quinta nella semifinale. Le comunicano che è quarta per la squalifica dell’inglese, ma non ha il tempo di godersela, perché le comunicano che è squalificata anche li. «Non so perché, a me sembra d’aver fatto tutto corretto». L’implacabile Var squalifica anche l’australiana McKewon.

Marchand e la linea rossa di Phelps

Lo aspettavano al varco, o, come diceva qualcuno facendo confusione, all’arco: di Trionfo. Parigi. Leon Marchand, ragazzo di Tolosa, classe 2002, ha strapazzato i sette concorrenti dei 400 misti (c’era anche il nostro Razzetti che è arrivato deluso settimo) e un fantasma: quello di Michael Phelps, che era in carne e ossa come commentatore tv ma anche idealmente fatto nuotare dalla linea immaginaria che segnala il record mondiale, il più vecchio record del nuoto, l’ultimo individuale appartenente al cannibale di Baltimora, che alla fine s’è alzato in piedi, ha esultato per l’evento, ha applaudito il francese che per seguirne la scia e superarlo vive da due anni in America e si fa allenare da Bob Bowman, che è lo stesso mago che ha allenato Phelps.

Michael aveva nuotato in 4:03.84 in una delle otto imprese d’oro di Pechino 2008. Nessuno, né in costumone né in tessuto, aveva fatto di meglio: 4:02.50, sotto il 4:03, un secondo e passa meno di Phelps, una “pazzia”, una realtà aumentata, un metaverso.
Marchand, che se fosse un purosangue avrebbe il pedigrée giusto poiché il papà Xavier è stato ai piedi del podio nei misti ad Atlanta ’96 ed a Sydney 2000, nuotava forte anche la mamma Cecile Bonnet e pure lo zio Christian Marchand e qui ci si ferma sull’album di famiglia, non ha punti deboli: era primo dopo il delfino, dopo il dorso, dopo il delfino, dopo la rana e sulla piastra; Phelps sempre ai suoi piedi. I mististi hanno spesso un “buco” in uno stile, ma Leon no. 54.66 i primi 100, 1.56.64 dopo i secondi, 3:04.28 dopo i terzi e poi il gran finale. Gli ultimi 50 in 28.39. A leggere questi tempi ci si può pure dimenticare del secondo, l’americano Foster, 4:06.56, e del terzo, il giapponese Seto, 4:09.41.

 

Advance Australia fair (e Mondiale)

«Avanza, bella Australia»: è l’inno nazionale di quelli che vengono banalmente chiamati, nello sport e non solo, “canguri” per via dell’animale nazionale. E avanza subito l’Australia del nuoto, che è una delle discipline di competenza. Lo fa in tutte e due le gare dei 400 metri stile libero, femminile e maschile. Tra le ragazze lo fa addirittura con il record del mondo stampato da Ariarne Titmus, classe 2000, prima donna a scendere sotto il muro dei 3:56: 3:55.38. Si è “vendicata” della ragazzina canadese Summer McIntosh, la sedicenne che proprio alla Titmus aveva tolto il record: «E’ una pillola dura da ingoiare» aveva detto quel giorno Ariarne. Pensava già a Fukuoka. Ed a quella che era stata prevista (e lo è stata) come la “gara del secolo”, giacché Titmus è partita subito con il veleno in corpo, 56.92, 1:56.94, 2:56.90 i passaggi ai 50, 100 e 200, sempre avanti alla linea rossa che segnala digitalmente il primato in essere, sempre avanti alla ragazzina canadese che ha cercato di reggere ma nel finale è caduta giù dal podio, sempre avanti a Katie Ledecky, l’unica dell’altro secolo in vasca, la magnifica Katie regina dell’ultimo decennio: è partita lenta, Katie, come fossero i suoi 800 o i suoi 1500, ma quando ha cercato di risalire ha scoperto che chi accelerava sempre di più era la Titmus.

Doveva accontentarsi dell’argento l’americana, 3:58.73 il crono che faceva già nel 2014, poi scese al mondiale di 3:56.46, ma il tempo passa, la Generazione Y e quella Z scalpitano e i vecchi tempi non bastano più. Per la prima volta quattro ragazze sotto i 4 minuti. Se la “gara del secolo” ha affascinato per via della splendida nuotata della Titmus, quella dei maschi ha entusiasmato per la battaglia navale fra l’australiano Samuel Short e il tunisino Ahmed Hafnaoui, che è l’oro di Tokyo dove, si diceva, “gli è andata bene”; Short, classe 2003, è scattato più veloce, sparpagliando gli avversari; Hafnaoui, classe 2002, tunisino d’America perché lì studia e si allena, dunque poca retorica su “l’Africa che arriva”, è risalito, e nella penultima vasca ha pure superato sia Short che la linea rossa che segnalava il mondiale del 2009 di Biedermann a Roma. Ma Short ha ritrovato se stesso, come aveva fatto ai Giochi del Commonwealth quando, nei 1500 che farà anche qui (occhio Greg) sbagliò in batteria il conto delle vasche e fece l’arrivo a due dalla fine; si riprese, si qualificò e di come andò la finale lo abbiamo appena detto.

I due hanno chiuso entrambi sul crono di 3:40. E 68 per il vincitore, e 70 per l’argento. Solo Thorpe nuotava a questi livelli, proprio a Fukuoka 2001; pure Biedermann, ma lui con l’”aiutino” del “costumone”, che era un “aiutone”. Mica era finita per l’Australia: mancavano le due staffette veloci dello stile libero. Le quattro ragazze, Mollie O’ Callaghan, Shayna Jack, Meg Harris ed Emma McKeon chiudevano a una media di sotto i 52 secondi, mai registrata fin qui per un totale di 3:27.96 che frantumava di due secondi il precedente primato mondiale, ugualmente dell’Australia, 3:29.69, Tokyo olimpica. Cadeva dunque un altro muro ideale. Il quartetto degli uomini, s’è già detto, dava ai “canguri” il poker d’oro di giornata. Gli americani “rosicano”.

Arrivano i cinesi

Attenzione, rieccoli i nuotatori cinesi, pure senza più il “chiacchierato” Sun Yang. Le ragazze vincono il bronzo e i maschi sono appena giù dal podio nelle staffette veloci. E nelle gare individuali Martinenghi in finale nei 100 rana dovrà vedersela pure con Qin Hayang che, 57.82 unico sotto i 58, ha il miglior tempo, e con Yan Zibei che ha il quarto, e le nuotatrici dei 100 farfalla con Zhang Yufei, miglior tempo d’ingresso. E due cinesi, Yu Yiiting e Ye Shiwen, sono tra le finaliste dei 200 misti. Con i loro costumi color lilla pallido sembrano anonimi, i cinesi, ma con i risultati si fanno notare

Ultimo aggiornamento: 19:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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