Bilancio Ue, veto del premier Renzi: «Niente muri con i nostri soldi»

Mercoledì 16 Novembre 2016 di Andrea Bassi
Bilancio Ue, veto del premier Renzi: «Niente muri con i nostri soldi»

ROMA Matteo Renzi ha giocato di anticipo. Prima della pubblicazione delle pagelle sui conti da parte della Commissione europea, che arriveranno oggi, l'Italia ha posto una «riserva» sul bilancio della stessa Unione. Il primo passo del veto vero e proprio all'approvazione dei conti di Bruxelles, già minacciato nelle settimane scorse dal premier italiano nel caso in cui l'Europa non avesse concesso all'Italia la flessibilità nei conti richiesta per affrontare le emergenze del terremoto e dei migranti. Ieri a margine del Consiglio Affari generali di Bruxelles, il sottosegretario alla Presidenza del consiglio con delega sulle questione europee, Sandro Gozi, ha spiegato che l'Italia ha «confermato la riserva», ovvero ha sostanzialmente posto il veto, alla proposta di compromesso fatta dalla presidenza slovacca per la revisione di mid-term del bilancio pluriennale della Ue e che il governo non considera accettabile perché, ha spiegato il sottosegretario, mancano garanzie per l'aumento di risorse «a favore delle nostre priorità». Una posizione subito confermata, e rimarcata, direttamente da Renzi. «Abbiamo posto il veto», ha ribadito il premier, sottolineando come Bruxelles volesse «lasciare i siciliani a farsi carico dell'immigrazione, di salvare migliaia di vite di farsi carico delle soluzioni e della complessità della vicenda. E poi», ha detto ancora Renzi, «riempiono di soldi i Paesi europei che non accettano non soltanto un accordo che loro hanno firmato, ma con i nostri soldi alzano i muri». Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, si è invece limitato a dire che il veto italiano «era previsto».

LA DECISIONE
I motivi della decisione li ha spiegati lo stesso Gozi. «Lo abbiamo fatto», ha detto il sottosegretario, «perché riteniamo che sia una proposta su cui dobbiamo avere ancora molte garanzie sul reale aumento a favore delle nostre priorità: immigrazione, sicurezza, risorse europee per i giovani (siano per la lotta contro la disoccupazione o l'Erasmus), i programmi di successo come Horizon2020 cu cui non possiamo assolutamente accettare dei tagli, e la flessibilità del bilancio europeo per una maggiore capacità di reagire alle crisi. Si tratta, invece, di una «riserva» che sfocerà in un vero e proprio veto solo quando la proposta di bilancio sarà posta in votazione. Chi ha provato a gettare un po' di acqua sul fuoco è stato il ministro degli esteri Paolo Gentiloni, secondo cui non ci sono incrinature nel rapporto tra Italia ed Europa. E sull'atteso giudizio sui conti ha detto di non aspettarsi «particolari rigidità o flessibilità, ma semplicemente il riconoscimento delle nostre buone ragioni». Gentiloni ha anche ribadito che l'accordo di Dublino, che impone al primo Paese di arrivo di farsi carico dei migranti, non va.

Sbattere i pugni sul tavolo, ha già funzionato in altre occasioni per Roma. Il caso più noto è quello del 2012, quando Mario Monti durante la notte del 26 giugno sfidò apertamente la Merkel: assieme alla Spagna minacciò il veto all'intero pacchetto di misure sul tavolo, incluso il piano di crescita da 120 miliardi, se non avesse avuto il via libera allo scudo anti-spread, che ha aperto la strada al programma di acquisto di titoli di Stato della Bce. Si vedrà se questa volta l'esito sarà lo stesso. Nei giorni scorsi il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker aveva sconsigliato all'Italia di intraprendere questa strada, perché non avrebbe dato i risultati sperati. Si vedrà nelle prossime settimane se sarà così.

La verità è che la Commissione in questa fase, a poche settimane dal referendum, non ha intenzione di mettere in difficoltà Roma, e dunque anche l'avvertimento che arriverà oggi sarà più un buffetto che uno schiaffo. Dall'altro lato l'attacco all'Europa dell'austerity porta consensi in una campagna elettorale combattuta senza esclusione di colpi.

Ultimo aggiornamento: 12:16