Renzi: «Voterò sì al premierato per il futuro dell'Italia, la politica ritrovi dignità»

L’anticipazione del nuovo libro di Renzi: «Se una riforma è giusta, va appoggiata»

Domenica 4 Febbraio 2024 di Matteo Renzi
Renzi: «Voterò sì al premierato per il futuro dell'Italia, la politica ritrovi dignità»

Anticipiamo uno stralcio del nuovo libro di Matteo Renzi, leader di Italia Viva, direttore del Riformista, nella sua carriera già sindaco di Firenze, segretario del Pd, presidente del Consiglio.

Il libro – “Palla al centro”, il titolo – uscirà in libreria il 6 febbraio e il 5 sarà presentato a Roma, alle ore 18,30 all’Auditorium Parco della Musica del Flaminio, presso la Sala Teatro studio Borgna. Poi inizierà la tournée: martedì 6 Napoli, Milano, Firenze.

Io sarei una stampella della Meloni perché voglio votare la riforma costituzionale, questa è la tesi dei miei avversari politici. Ora, al di là che la riforma è scritta talmente male che il «voglio votare» diventa un «vorrei tanto votare», rimaniamo sul punto. Se io propongo da anni il modello del sindaco d'Italia, se ho presentato una proposta di legge costituzionale per discuterne, se alle elezioni tutto il Terzo Polo ha sostenuto questa tesi, se nella storia del Pds da un lato e del Pd dall'altro c'è sempre stata la centralità della figura del presidente del Consiglio, mi spiegate come posso votare contro, solo perché lo propone la Meloni?
A me questa cosa fa uscire di testa. Tu fai una riforma, tutti dicono che è giusta, che va bene, che serve al Paese e poi ti dicono «no, votiamo contro» perché la propone uno dell'altra parte politica. Questa è l'assoluta follia dello scontro ideologico e barbaro del nostro Paese: sono d'accordo con te, ma siccome lo dici tu, voto contro.

IL PRECEDENTE

Ho perso Palazzo Chigi per questo sillogismo masochista che porta il Paese da anni a mutilare sul nascere ogni speranza di cambiamento condiviso. Molti mi accusano di aver personalizzato il referendum, ma pochi ricordano che prima di qualsiasi mia dichiarazione le forze di opposizione avevano già fatto lo stesso ragionamento che oggi fa la sinistra: «In linea di principio siamo d'accordo, ma votiamo contro perché la proponi tu che sei il nostro avversario».
Allora è bene dirlo con grande chiarezza. Non sarò mai come loro. Non sarò mai come Meloni e Salvini del 2016, ma neanche come Conte e Schlein del 2023. Se la riforma costituzionale è una cosa seria, certo che la voto. E la voto non per far entrare Italia Viva in maggioranza, ma per far entrare l'Italia nel futuro. E certo che cerco di mandare a casa il governo, ma non utilizzerò mai le riforme costituzionali per regolare i conti della politique politicienne. E se questo contribuirà a rendermi diverso da tutti gli altri, sarò ancora più felice.
Votare a favore della riforma costituzionale, se è scritta bene e non pasticciata come quella al vaglio del parlamento mentre scrivo, non significa offrire una stampella alla maggioranza, ma significa offrire un'opportunità alla politica. Questo significa essere politici e non influencer.
Questo significa mettere la palla al centro. E questo è ciò che considero coerente con la mia vicenda personale, politica, istituzionale.

LE POLEMICHE

E non mi convincono le tesi strampalate di chi dice che il problema della riforma costituzionale è la previsione dell'elezione diretta del presidente del Consiglio dei ministri perché tale opzione ridurrebbe i poteri del presidente della Repubblica.
La sinistra attacca issando il Quirinale e, suo malgrado, l'attuale inquilino del Colle come baluardo della resistenza al melonismo. La destra risponde dicendo che nessuno intende toccare i poteri della presidenza: hanno visto i sondaggi e hanno paura di mettersi contro l'istituzione più amata dagli italiani.
Ma chi vuole fare politica e non limitarsi ai post a effetto sa che è ovvio che i poteri del presidente della Repubblica cambieranno in caso di approvazione dell'elezione diretta del premier. Devono cambiare, è giusto che cambino. Dirlo non significa voler «tarpare le ali» a Sergio Mattarella, come ha scritto qualcuno con un'invidiabile dose di fantasia. E se c'è uno che ha fatto qualcosina per portare l'attuale presidente della Repubblica sul Colle più alto nel 2015 e per bloccare la candidatura della direttrice dei Servizi Segreti, Elisabetta Belloni (su cui convergevano Salvini, Meloni e Conte), beh quello sono io. ()
Quello che mi colpisce è che nessuno ha il coraggio di dire una cosa molto semplice. Non è solo la proposta della destra a ridurre i poteri del capo dello Stato, ma anche la sinistra che avanza l'idea del cancellierato con la sfiducia costruttiva che circoscrive il ruolo del Quirinale. Se c'è la sfiducia costruttiva non c'è più lo spazio per il presidente di «inventarsi» soluzioni tecniche. I poteri tolti al Colle nella formazione del governo vanno ai cittadini in caso di elezione diretta del presidente della Repubblica e vanno ai parlamentari nel caso del sistema della sfiducia costruttiva. Ma non prendiamoci in giro: in entrambi i casi i poteri vengono ridotti.

NO AI PREGIUDIZI

Voglio mantenere l'onestà intellettuale di dire che sulle riforme costituzionali non farò alla Meloni quello che lei ha fatto a me. Non farò, cioè, un'opposizione preconcetta come quella di Conte e Schlein. Resterò distinto e distante dalla maggioranza, ma voterò a favore se la riforma sarà seria. Quella che gli altri chiamano «stampella della maggioranza», io la chiamo «dignità della politica». Ho perso Palazzo Chigi perché pensavo che le riforme servissero al Paese. Se qualcuno farà le riforme io sarò con lui o con lei.
 

Ultimo aggiornamento: 16:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA