Bruxelles fredda, ma poi apre su spese per migranti e sisma

Mercoledì 16 Novembre 2016 di David Carretta
Bruxelles fredda, ma poi apre su spese per migranti e sisma

BRUXELLES Malgrado la minaccia di veto posto dall'Italia sulla revisione del bilancio pluriennale dell'Unione Europea, la Commissione di Jean-Claude Juncker oggi farà una doppia apertura sulla fine dell'austerità, andando incontro alle richieste del governo di Matteo Renzi sulle spese eccezionali per migranti e terremoto. Il collegio dei commissari, chiamato a dare un parere sui bilanci nazionali degli stati membri dell'euro, confermerà la sua decisione di lanciare un avvertimento all'Italia sui suoi conti pubblici, rinviando a inizio 2017 il giudizio definitivo sulla manovra. La discussione politica è ancora aperta, ma c'è accordo tra il vicepresidente responsabile dell'Euro, Valdis Dombrovskis, e il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, dopo l'analisi effettuata dai tecnici. Non ci sarà la temuta bocciatura, ma nemmeno una promozione: in assenza di uno sforzo strutturale per migliorare il deficit, la Commissione dirà che l'Italia rischia di non rispettare («risk of non compliance») il Patto di Stabilità e chiederà di adottare le «misure necessarie» per essere in linea. Ma, pur non indicando cifre precise, la Commissione intende dare un chiaro segnale che è pronta ad accettare le spese non solo per la ricostruzione, ma anche per prevenire i terremoti, compresa la messa in sicurezza delle scuole. Allo stesso tempo, ci sarà comprensione per il fatto che l'Italia ha dovuto fronteggiare prima degli altri paesi europei un aumento dei costi sui migranti. «Non sono un fanatico dell'austerità cieca», ha detto ieri Juncker. L'altra svolta significativa riguarda le politiche di bilancio della zona euro nel suo complesso. La Commissione approverà un rapporto che raccomanda una posizione fiscale («Fiscal Stance») espansiva, mettendo fine all'era dell'austerità generale seguita alla crisi del debito sovrano del 2010-2012.

L'OBIETTIVO
L'obiettivo è «sostenere la ripresa e la creazione di occupazione», ha spiegato Juncker. La politica monetaria della Banca centrale europea, per quanto accomodante con il Quantitative Easing, non riesce a rilanciare la crescita. Gli Stati che hanno margine di bilancio a cominciare dalla Germania saranno invitati a spendere più risorse pubbliche per stimolare gli investimenti e la domanda interna, con effetti benefici per tutti. Per contro, secondo il rapporto sulla «Fiscal Stance», i paesi ad alto debito o deficit devono rimanere prudenti: a Italia, Francia, Spagna e Portogallo verrà chiesto di non allentare i loro sforzi di consolidamento, ma di usare tutta la flessibilità consentita e ridurre i deficit a un ritmo ragionevole. Complessivamente, secondo la Commissione, lo stimolo espansivo per la zona euro dovrebbe essere dello 0,5% di Pil. In un altro rapporto che sarà adottato oggi il cosiddetto Meccanismo di Allerta la Commissione individuerà i paesi sui quali pesano rischi di squilibri macro-economici. L'Italia dovrebbe essere oggetto di una nuova analisi non solo su debito e produttività, ma anche sulle fragilità del sistema bancario che secondo alcune analisi potrebbero avere un impatto grave sul resto della zona euro. Tra gli altri paesi, la Germania sarà nel mirino della Commissione per il saldo della bilancia dei pagamenti che, grazie al surplus commerciale, supera la soglia di allarme del 6%. Ma difficilmente l'esecutivo comunitario aprirà una procedura contro Berlino in febbraio, quando pubblicherà i risultati della sua analisi sugli squilibri macro-economici. Le scelte politiche della Commissione sono dettate soprattutto dal contesto politico generale, con la crescita dei populisti in tutta Europa. Per l'Italia, il rischio di una sconfitta di Renzi nel referendum del 4 dicembre sulla riforma costituzionale spinge la Commissione a una posizione più benevola, con c'è il sostegno implicito di diversi paesi, compresa la Germania. Anche con tutta la flessibilità possibile incluso lo 0,4% di Pil per terremoto e migranti mancano all'appello tra i 3,5 e i 7 miliardi in termini di sforzo strutturale che l'Italia è chiamata a compiere per essere in linea. In teoria, la Commissione avrebbe potuto già avviare i primi passi per una procedura. Ma, per evitare di mettere in difficoltà Renzi, Juncker ha preferito rinviare. La richiesta di correggere la manovra nel corso dell'approvazione parlamentare resta: la scadenza è fine anno. Le minacce di veto sul bilancio pluriennale rischiano di alimentare le tensioni e come ha detto Juncker la scorsa settimana non produrre «gli effetti sperati».