LO SPETTACOLO
Il movimento di 14 danzatori provenienti da tutto il bacino del

Mercoledì 28 Luglio 2021
LO SPETTACOLO
Il movimento di 14 danzatori provenienti da tutto il bacino del Mediterraneo e la voce della vocalist anglo-egiziana Natacha Atlas dà vita a un viaggio che richiama a Odisseo, ma che in fondo scava nelle radici di un humus storico e culturale comune legato al Mare Nostrum. Dell'epica di Omero lo spettacolo Odyssey di Hervé Koubi in programma questa sera alle 20 al Teatro Malibran di Venezia per la Biennale Danza (labiennale.org) mantiene solo l'idea, perché è il mare a diventare protagonista. Il Mediterraneo come luogo di tumulti, migrazioni e scambi culturali, si fa motore di una danza epica contaminata. L'urban dance si unisce alla danza contemporanea in una coreografia che è espressione di quello che Koubi definisce alter hip-hop. La presenza Natacha Atlas già cantante dei Transglobal Underground è espressione di un'originale sintesi fra elettronica dance e tradizione araba.
Natacha Atlas, come nasce ma sua collaborazione con Koubi?
«In principio Hervé ha chiesto a me e al compositore Samy Bishai di scrivere le musiche per la performance, integrando con i suoni del Mediterraneo questo viaggio immaginifico alla ricerca della propria anima. Il tema ci ha coinvolto molto e infatti, quando abbiamo inviato a Hervé alcuni pezzi, lui stesso ha proposto di integrarci nello spettacolo. Sapendo che io danzavo con una ricerca sulle radici arabe, mi ha chiesto di integrarmi nel live assieme ai danzatori».
Il lavoro di Koubi porta in scena una fisicità potente, come si è integrata?
«In effetti lo spettacolo mescola molti elementi diversi e anche una danza quasi acrobatica, per cui ho pensato fosse una grande idea eppure ero preoccupata. Non ero sicura di essere in grado di integrarmi con le coreografie. Alla fine, dopo molte prove, ha funzionato bene e mi sono trovata coinvolta e attratta dal mix fisico tra danza e musica».
Vi siete identificati anche nella ricerca dell'anima mediterranea?
«Questa Odyssey per Hervé è un viaggio alla ricerca delle radici algerine e anche per questo ha voluto coinvolgere performer da tutto il Mediterraneo, ma noi abbiamo intrapreso un viaggio analogo sul piano emozionale. Il viaggio a tappe dell'Odissea diventa il percorso di ciascuno di noi alla scoperta di sé, della propria umanità nella relazione con il mondo. Il messaggio è molto forte. E ci si confronta con il nodo della verità in un momento cruciale come quello che viviamo».
Lei si sente un ponte tra culture?
«Lo sono sempre stata. Il mio ruolo nella musica è sempre stato quello di ponte tra Europa e Medio Oriente. Le mie radici, i luoghi in cui ho vissuto, i miei amici sono la dimostrazione di quello che abbiamo in comune: la nostra umanità e le nostre emozioni. Per questo dobbiamo avere menti aperte a vedere le differenze, ma anche le analogie».
Giambattista Marchetto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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