«Io, da ballerina ad autrice e i miei 14 anni da adulta »

Sabato 24 Ottobre 2020
LA DANZATRICE
Ha debuttato alla Biennale nel 2015 come danzatrice con il coreografo spagnolo Cesc Gelabert, ma questa sera Silvia Giordano - 31enne friulana cresciuta a Cassacco, a Nord di Udine - si presenta al pubblico del festival veneziano e alla critica come autrice. Assieme a Emese Nagy e Melina Sofocleous, è stata infatti scelta da Marie Chouinard per Biennale College e le tre coreografe presenteranno stasera e domani le loro opere alle Tese dei Soppalchi. Silvia Giordano firma Tremendous hop, un pezzo da 20 minuti che si propone come una riflessione sulla seduzione del potere. Indaga i concetti di autorità e leadership nelle relazioni tra i corpi, dando forma a una relazione di potere mascherata da gioco. È una creazione che l'artista riconosce legata anche al lavoro in stretta relazione con le colleghe (anche loro al debutto). «La definirei quasi una co-creazione, perché penso che mi abbiano dato moltissimo nel tempo condiviso a Venezia e che abbiano avuto un ruolo importante in quello che è uscito» spiega Giordano, che enfatizza la prospettiva di un lavoro sempre più interdisciplinare e di team nella danza contemporanea. L'artista riconosce però come la coreografia attuale sembri esser spesso presa dalla necessità di mostrare le idee prima che vengano compiute per la scena. «Secondo me le attese del pubblico si sono abbassate - chiarisce - anche per una tendenza generale a mostrare i processi di creazione. Questo risulta interessante per chi lavora nel settore, ma quando si va in scena per un pubblico più ampio credo l'opera debba essere compiuta e rigorosa. Rispetto a quello che vedevo da piccola ora c'è più produzione, ma meno qualità». Come se ci fosse la necessità di portare in evidenza gli appunti di lavoro, «un processo in parte legato ai tempi stretti che il mercato troppo spesso consente».
LA VOCAZIONE
Silvia Giordano ha iniziato a danzare a Udine e già a 14 anni si è trasferita a Firenze per studiare all'Accademia Internazionale Coreutica del Balletto di Toscana. «Sono uscita di casa giovanissima - racconta - alla mattina andavo a scuola, al pomeriggio mi allenavo in Accademia. Poi all'università ho proseguito con un percorso parallelo e ho conseguito un PhD in management dei beni culturali». Questo l'ha portata a lavorare fin da giovane, «mentre gli altri ragazzi uscivano, io facevo sacrifici ed ero orientata al lavoro - ammette - questo rende difficile la socializzazione con persone che fanno una vita normale. Questo te lo porti come retaggio, per cui c'è una sorta di isolamento per chi fa coreografia. Invece l'apertura al mondo e al di fuori del settore permette di avere visioni più ampie». I sogni nel cassetto nel frattempo sono frenati dal Covid. «Per fortuna lavoro anche con i teatri d'opera, ma il momento è davvero difficile. La danza nasce come contatto e quindi ci si trova in un paradosso. Spero si possa tornare presto ad avere libertà espressiva». (Info: www.labiennale.org)
Giambattista Marchetto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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