Berlinguer, le ultime ore

Venerdì 5 Giugno 2020
Berlinguer, le ultime ore
IL LIBRO
Il balconcino della sede del Gazzettino si affacciava su Piazza dei Frutti. Ed era a pochi metri dal palco. La posizione ideale, quindi, per seguire in diretta il comizio fissato per quella sera, insolitamente fredda e umida per essere a ridosso dell'estate. La folla aveva riempito tutto lo spazio antistante Palazzo della Ragione. Era il 7 giugno 1984 e la data sarebbe passata alla Storia. Di Padova, del Veneto, dell'Italia. Domenica, 36 anni dopo, quel giorno e i quattro successivi sono stati raccontati in un romanzo storico, scritto a quattro mani da Piero Ruzzante, un passato da onorevole e oggi consigliere regionale di Articolo Uno, e da Antonio Martini, giornalista dell'ufficio stampa della Cgil: il protagonista è Enrico Berlinguer, segretario del Partito Comunista Italiano, che, alla vigilia delle elezioni Europee, sotto le finestre della nostra redazione, ha parlato per l'ultima volta, riuscendo, in condizioni drammatiche, ad arrivare alla fine del suo discorso, nonostante l'ictus che lo aveva colpito in quegli istanti avesse già avuto effetti devastanti.
Si intitola Eppure il vento soffia ancora - Gli ultimi giorni di Enrico Berlinguer il libro appena uscito (edizioni Utet) e che è già balzato in testa alle vendite dei testi politici. Nelle 240 pagine sono riportati documenti, testimonianze e dettagli inediti che ricostruiscono nei particolari quello che è avvenuto dal momento del comizio a Padova, all'arrivo della salma a Roma, in Piazza San Giovanni, accompagnata dal Capo dello Stato Sandro Pertini che era arrivato nella città del Santo per stare al capezzale del segretario del Pci, ricoverato senza speranze in Rianimazione.
Nei capitoli che ricostruiscono cosa è accaduto dal 7 al 13 giugno 1984 Il Gazzettino viene citato più volte, perché tutto è accaduto sotto i nostri occhi, facendoci diventare una fonte essenziale per gli autori. A partire dai minuti che hanno scandito il dramma. «Nicoletta Cozza - riportano nelle pagine che danno il via alla ricostruzione - è una giovanissima cronista del Gazzettino. È di notturno al giornale e la redazione del quotidiano è in via Boccalerie, angolo piazza dei Frutti. Ascolta il comizio dal balconcino, da cui gode di una perfetta visuale. Deve scrivere l'articolo, mentre alle foto ci penserà Giampiero Bertazzi, detto Cobra. Il comizio è iniziato alle 21,28 e la giornalista appunta l'ora esatta sul taccuino. Vede Berlinguer pallido e che si asciuga il sudore freddo. Avvisa la redazione centrale, consapevole che il racconto della serata non sarebbe finito nella cronaca locale, ma avrebbe meritato l'apertura del giornale. E alle 23,13, quando registra il momento in cui Berlinguer viene portato via sorretto a braccia, comincia la lunga e fredda notte di ricerca delle notizie sull'evolversi della situazione. E il fotografo, prima di partire per la sede centrale Mestre dove porterà le immagini, le dice per me muore».
L'ISPIRAZIONE
Ruzzante aveva iniziato a interessarsi dell'argomento quando lo aveva scelto per la tesi di laurea in Storia, conseguita a Ca' Foscari nel 2018. Poi, però, aveva deciso che quell'elaborato doveva essere trasformato in un libro, coinvolgendo Martini. «Quello che abbiamo scritto - raccontano gli autori - è frutto di ricerche durate tre anni. E si basa molto sulle testimonianze orali di chi in quei giorni ha assistito a quanto stava accadendo. A cominciare dal professor Giampiero Giron, allora primario del Reparto di Anestesia e Rianimazione, uno degli specialisti che firmava il bollettino medico durante il periodo in cui Berlinguer era ricoverato dopo l'intervento al cervello. E poi c'è Giuseppe Colucci, che era capo della Digos, il quale, senza dire nulla a nessuno, ma intuendo la gravità della situazione, aveva fatto arrivare un'ambulanza all'hotel Plaza, dove era stato portato Berlinguer al termine del comizio, ipotizzando che avesse solo i postumi di una congestione, e non un malore fatale. Abbiamo raccolto poi il racconto del sindacalista Ilario Simonaggio, che andando a prendere un altro politico di spicco dell'epoca, Giancarlo Pajetta, aveva notato la scritta Berlinguer vedi Padova e poi muori, vergata dai giovani di estrema destra del Fuan. Ed era stato poi Benito Dario, segretario del Msi, il primo a prendere le distanze dai vandali. Perché, allora come oggi, Berlinguer era una figura amata anche da chi non votava a sinistra, e rispettata pure dagli avversari politici, in primis Giorgio Almirante, che alle esequie gli ha tributato un saluto affettuoso. Persino le suore venivano nella sede del Pci a chiedere notizie sulle condizioni del segretario, aggiungendo che avrebbero pregato per lui».
Dalle pagine traspaiono il coinvolgimento e la commozione di chi ha scritto. «Il Veneto è stato protagonista di quei giorni - aggiunge ancora Ruzzante - diventando una sorta di grande capitale politica d'Italia. Basta pensare all'interminabile corteo di persone in lacrime che hanno applaudito il passaggio del feretro dall'obitorio di Padova, all'aeroporto di Tessera, passando per Marghera e Mestre. Gli operai uscivano dalle fabbriche e io, a bordo dell'auto numero 24 che seguiva la bara, come loro non smettevo di piangere. Migliaia e migliaia di veneti hanno voluto salutarlo per l'ultima volta. E non è mai stato lasciato solo: persino quando è mancato, nel tragitto dalla rianimazione all'obitorio, un infermiere iscritto al partito gli è stato vicino».
IL TITOLO
Eppure il vento soffia ancora è la strofa di una canzone che Pierangelo Bertoli cantava in quel periodo. Ma il vento si ritrova spesso nelle pagine, riferito al fatto che numerosi concetti sostenuti 36 anni fa dal segretario del Pci per gli autori sono di straordinaria attualità. Per esempio, la necessità di prestare attenzione all'ambiente, di pensare a un modello economico sostenibile e di ragionare sempre guardando al domani, con pensieri lunghi. Berlinguer, poi, amava il mare. E un giorno agli agenti della Digos che lo aspettavano in spiaggia e che gli chiesero quando sarebbe rientrato dall'uscita in barca, rispose: «Dipende dal vento».
Nicoletta Cozza
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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