L'EMERGENZA
UDINE Coronavirus o no, il Far east film festival si farà. Certo,

Venerdì 14 Febbraio 2020
L'EMERGENZA UDINE Coronavirus o no, il Far east film festival si farà. Certo,
L'EMERGENZA
UDINE Coronavirus o no, il Far east film festival si farà. Certo, bisognerà vedere come, per quanto riguarda la delicata questione della presenza degli ospiti dall'Oriente, perché nessuno ha oggi la sfera di cristallo per sapere che evoluzione prenderà la faccenda da qui al 24 aprile, quando debutterà la rassegna che dal 1999 porta a Udine centinaia e centinaia di produttori, artisti e attori con gli occhi a mandorla. «Nella peggiore delle ipotesi ci collegheremo con estrema facilità con chi dal Far East non riuscirà a raggiungerci e anche con chi da lì vorrà seguirci. Anzi, potremo anche aprire una nuova strada per raggiungere il pubblico che vuole seguire i film del proprio paese che partecipano a un festival europeo così importante», ipotizza l'assessore regionale Tiziana Gibelli.
IL FESTIVAL
«È dal 1999 che il Far East Film Festival porta centinaia e centinaia di filmmaker e artisti asiatici qui in Regione commentano Sabrina Baracetti e Thomas Bertacche, i due fondatori e responsabili del FEFF e la prospettiva di non poterlo fare anche quest'anno, o per lo meno di dover rinunciare agli ospiti di area cinese, ci crea ovviamente un grande dispiacere. Per fortuna viviamo in un'epoca ipertecnologica e, ove mai le cose non dovessero prefigurarsi in modo positivo, garantiremo comunque la loro presenza attraverso i collegamenti digitali». «Il Comune di Udine assicura l'assessore Fabrizio Cigolot garantirà al Festival tutto l'appoggio necessario affinché questa importante manifestazione consegua il grande successo delle edizioni precedenti». Resta in stand-by la questione ospiti (lo staff del festival fa sapere che le presenze verranno confermate solo a ridosso dell'inizio), ma la macchina del Far East è già al lavoro per l'evento.
LE IMPRESE
Intanto, in Cina, da lunedì hanno ricominciato a lavorare anche gli stabilimenti che interessano alcune imprese friulane. Alla Pmp Taicang drive system, che fa riferimento al gruppo della Pmp di Coseano, non ci sono più dipendenti o manager friulani nelle due aziende in territorio cinese, a circa mille chilometri da Wuhan, epicentro dell'epidemia. «I nostri dipendenti, in tutto tre persone, due tecnici e il general manager - fanno sapere dall'azienda di Coseano - sono rientrati ancor prima che ci fosse lo stop ai voli da parte dell'Italia. In via prudenziale, si è preferito predisporre il rientro dei dipendenti. Una volta arrivati in Italia, sempre in via prudenziale, nonostante non fosse presente alcun tipo di sintomo, si è previsto per loro un periodo di autoisolamento di 15 giorni che si sta concludendo questa settimana. Il 17 febbraio dovrebbero rientrare al lavoro. Stanno bene». Gli stabilimenti cinesi, che sono rimasti chiusi due settimane, prima «in concomitanza con lo Spring festival», come accade comunque ogni anno, e poi per una settimana aggiuntiva, come stabilito, «dal 10 febbraio hanno ripreso l'attività lavorativa ma in forza ridotta. I due stabilimenti cinesi sono al 40-50 per cento della forza lavoro - fanno sapere ancora a Coseano - perché dobbiamo osservare le indicazioni e le procedure stabilite dal governo cinese, che ha suddiviso l'area in tre zone. Nei due stabilimenti al momento abbiamo al lavoro solo coloro che fanno parte della zona c e che si possono muovere: un centinaio di lavoratori su 300 totali. Devono compilare un modulo predisposto dal governo, devono autodichiarare quali sono gli spostamenti che hanno avuto in questo periodo e devono farsi misurare la febbre tre volte al giorno. Al lavoro vanno con la mascherina. Stiamo seguendo alla lettera le indicazioni del governo cinese». La produzione? «Siamo molto fiduciosi che a breve riusciremo a riportare la situazione a quella che era in origine. Il governo è molto attivo e molto presente». Anche il gruppo Danieli ha ripreso l'attività in Cina: «Stiamo riprendendo a lavorare secondo quanto consentito dal governo centrale. Lo stabilimento è a 200 chilometri da Wuhan - spiegano a Buttrio -. Non abbiamo evidenza di rilievi particolari. Al momento l'attività produttiva è ripresa regolarmente. I dipendenti italiani presenti in Cina, che si contano sulle dita di due mani, sono rimasti là con la famiglia. Stanno tutti bene e non ci sono problemi. Ci sentiamo con loro ogni giorno, come sempre. Ci atteniamo a quanto previsto dal governo cinese».
Anche al porto di Trieste i controlli sono aumentati, ma «al momento, non esiste un pericolo di trasmissione del coronavirus attraverso le merci». Lo ha ribadito il presidente dell'Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale, Zeno D'Agostino.
Cdm
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