«Vivere dal prete? Scelta di libertà»

Lunedì 4 Dicembre 2017
«Vivere dal prete? Scelta di libertà»
LA STORIA
TREVISO Ha destato grande stupore la scelta della famiglia Calò, nota in tutta Italia per avere aperto le porte di casa propria a sei richiedenti asilo accolti come figli a Camalò di Povegliano, di trasferirsi (il trasloco avverrà durante le feste di Natale) a casa del parroco di Santa Maria del Sile, don Giovanni Kirschner, con il quale avvierà un percorso di accoglienza rivolto a tutte le persone sole, dagli anziani, ai divorziati, dai giovani in difficoltà alle famiglie. «Sarà un'accoglienza a 360 gradi» spiegano il professor Antonio Calò e la moglie Nicoletta Ferrara, che fa la maestra. L'obiettivo è quello di unire due sacramenti, quello del sacerdozio e della famiglia, nel segno della solidarietà rivolta prima di tutto alla propria comunità. Ma anche affiancare la figura del parroco, sempre più sola e isolata in un periodo di crisi della Chiesa, e delle vocazioni, proponendo una nuova formula che prevede l'unione di due entità votate all'accoglienza.
AUTONOMIA
Ma chi rimarrà nella casa di Povegliano? Due dei sei migranti hanno ottenuto la protezione umanitaria, mentre per gli altri quattro sono ancora pendenti gli ultimi ricorsi. Ognuno di loro ha fatto, e sta facendo, corsi professionalizzanti e ottenuto contratti di lavoro a tempo determinato. Chi nell'agricoltura e chi nella ristorazione. Il loro grado d'integrazione è molto alto, e per i due ragazzi che hanno ottenuto la protezione umanitaria, determinante è stato proprio il percorso seguito. Visto che le loro attività gravitano ancora su Povegliano, rimarranno, almeno per il momento, nella casa del professore del Canova e della moglie Nicoletta. Con loro anche due dei 4 figli della coppia (gli altri due vivono all'estero). «Sarà una sorta di nuova comunità - spiega Calò - ma senza genitori. È bello pensare che i miei figli possano convivere con loro. Senza contare che per tre dei sei richiedenti asilo potrebbe profilarsi anche il ricongiungimento dei familiari: pensare che possano esserci delle famiglie africane nella nostra casa sarebbe bellissimo. A quel punto sarò nonno».
MOGLIE E SORELLA
Un ruolo fondamentale, in questa nuova avventura a Santa Maria del Sile, sarà quello di Nicoletta. È stata lei, in verità, ad avvicinarsi per prima al mondo degli emarginati, collaborando anche con don Kirschner, fino a pochi mesi fa parroco proprio a Povegliano. «Abbiamo scelto una strada che è in completa continuità con l'esperienza dei richiedenti asilo e siamo pronti a condividere questo nuovo cammino, che è stato una sorta di conseguenza. Come l'hanno presa i nostri figli? Sanno che amiamo la libertà, che ogni tanto rilanciamo la vita, e apprezzano la nostra scelta. Io comunque lavoro a Camalò, sarò spesso lì, e sanno che possono contare su di noi quando hanno bisogno. Cosa pensano i ragazzi che ospitiamo da due anni e mezzo? Hanno capito che si tratta di un passo verso l'autonomia, e ce ne sono grati. Così lo sono io che ho avuto l'opportunità di accogliere e ora sarò accolta da una nuova comunità. È una necessità dell'uomo quella di essere accolti. Cosa mi aspetto da questa nuova vita? Non lo so, non lo sapevamo nemmeno quando abbiamo aperto le porte di casa, e non lo sappiamo adesso. Quello che so, però, è che la strada si schiarisce camminando».
Alberto Beltrame
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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