Grigoletto e il crollo del centrosinistra «In troppi si credevano già padroni»

Sabato 16 Giugno 2018
L'INTERVISTA
TREVISO La consolazione personale sono le preferenze raccolte: 345, il terzo più votato nella coalizione del centrosinistra, il primo tra gli assessori uscenti che si sono messi in lista. Roberto Grigoletto però non fa finta di vivere in una realtà a parte. Sa benissimo che nessun risultato elettorale può cancellare la disfatta del centrosinistra. A una settimana, più o meno, dal voto ha p deciso che è arrivato il momento di fare un'analisi. E di togliersi qualche sassolino dalle scarpe.
Grigoletto, il centrosinistra è naufragato.
«A una settimana dal voto penso sia venuto il momento di considerare concluso il tempo delle analisi e delle interpretazioni sui motivi della sconfitta. O meglio, una riflessione appropriata e seria, fino in fondo, si deve continuare a farla, ma nelle sedi di partito e di coalizione».
La sconfitta però resta, sia che vogliate esaminarla nelle sedi di partito o in pubblico.
«Vero. Ma se ritengo che serva a poco, adesso, continuare a rivendicare le cose fatte, non me la sento di indugiare ulteriormente sulle ragioni di una sconfitta, che è evidente. Premesso che è stato un voto di caratura fortemente politica piuttosto che amministrativa, condizionato dal quadro determinatosi il 4 marzo e prodotto da un'onda che viene da più lontano ancora, non giro la testa di fronte ad errori che ci sono stati».
Partiamo da qui allora, dagli errori. Quali sono stati?
«Nei rapporti di coalizione, nella presenza sul territorio, nella troppa pazienza avuta con certi settori della macchina comunale, nella gestione poi della comunicazione delle cose che abbiamo fatto e che, a detta di molti, non sono arrivate a destinazione».
Sui problemi di comunicazione è intervenuto pure il suo collega Stefano Pelloni, lei però parla anche di macchina comunale. Gli uffici hanno remato contro?
«No, non posso dire questo. Ma diciamo che abbiamo sempre insistito perché le cose venissero fatte: rispetto a quanto faceva Gentilini, per esempio, non siamo di certo stati meno presenti. Ma le risposte non sono quasi mai state immediate. Magari c'erano dei motivi tecnici, ma è mancata la giusta sintonia. Alcuni momenti sono stati difficili».
Al di là delle difficoltà interne della coalizione, lei critica anche la campagna elettorale.
«Sì, degli errori sono stati fatti anche nella impostazione della nostra campagna elettorale: a mio avviso su sarebbe dovuto coinvolgere qualcuno dei professionisti del 2013».
Perché ritiene un errore essersi rivolti a nuovi strateghi elettorali?
«Quelli del 2013 hanno funzionato. E visto che è stato deciso di andare in continuità, di utilizzare gli stessi manifesti di allora, di parlare di secondo tempo, ritengo che si sarebbe dovuto coinvolgere anche gli stessi professionisti. Ma sono state fatte scelte diverse».
Lei, contrariamente alla campagna 2013, ha avuto un ruolo marginale.
«Diciamo che c'è chi ha sgomitato tanto per stare appresso al candidato sindaco; ho lasciato fare. L'entusiasmo e il nuovo fanno sicuramente bene; è che dovrebbero potersi coniugare con un po' di esperienza e di memoria storica. Poi c'era qualcuno che già si auto percepiva alla guida del nuovo vapore, ed era insofferente all'idea di far salire a bordo alcuni passeggeri. Io e altri abbiamo osservato e atteso... Io e tanti altri ci siamo impegnati nella corsa elettorale e, mi pare, abbiamo portato acqua al mulino di Manildo».
Nomi non ne fa.
«Non serve».
Cosa consiglia a Giovanni Manildo: deve restare in consiglio comunale o lasciare?
«In tanti lo stanno tirando per la giacchetta. Ma dovrà essere lui a decidere se rimanere in consiglio o meno. E più che ai politici, dovrebbe prestare attenzione ai cittadini. È stato votato da 15mila persone che vogliono essere rappresentati da lui. Mi dispiace però che qualche collega sia rimasto fuori, come Nicolò Rocco che nell'ultima parte di campagna elettorale si è dato molto da fare per rimediare a qualche errore trascurando la sua corsa alle preferenze».
Andiamo oltre: il futuro?
«Tra pochi giorni si riunirà il nuovo consiglio comunale e lì inizierà anche il nostro lavoro di costruzione della alternativa di governo alla Lega».
Un'alternativa che, visti i risultati, non è stata capita.
«Abbiamo superato dignitosamente la prova del governo. Non siamo però riusciti a dire al 54 per cento di chi e andato votare gli aspetti positivi del cambiamento che avevamo iniziato a realizzare. E abbiamo perso. Personalmente vorrei coltivare la speranza e adoperarmi per offrire a Treviso, quando verrà il momento, una nuova opportunità di governo del centrosinistra».
Quale centrosinistra?
«Va aperto subito, immediatamente, il cantiere di lavoro con tutte le forze che nel 2013 dettero vita a Treviso bene comune. Un cantiere che dovrà essere di supporto nei contenuti e nelle iniziative a noi 11 consiglieri di minoranza».
Nel 2013, in Treviso Bene Comune, c'era quella sinistra che nel 2018 è stata però messa alla porta.
«Non mi riferisco ai rappresentanti politici, ma agli elettori. Nel 2013 quell'area ci ha portato un 5% di voti. Nel 2018 è sparita, o meglio non è presente in consiglio comunale. Detto questo, da oggi parte il nostro lavoro per le prossime comunali».
Paolo Calia
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