IL CASO
VIGONZA Un rapimento? Un incidente? Un arresto? Restano tutte aperte

Martedì 8 Gennaio 2019
IL CASO
VIGONZA Un rapimento? Un incidente? Un arresto? Restano tutte aperte le piste investigative per fare luce sulla scomparsa in Burkina Faso dell'architetto padovano Luca Tacchetto e della ragazza canadese Edith Blais. Intanto è scattata anche ufficialmente l'indagine: il pm della Procura di Padova Cristina Gava ha trasmesso un fascicolo senza indagati e senza ipotesi di reato al collega Sergio Colaiocco della Procura di Roma, competente per le persone italiane scomparse all'estero.
Dove sono, quindi, il trentenne architetto di Vigonza (figlio dell'ex sindaco Nunzio) e la trentaquattrenne cuoca con la passione per la pittura, partiti il 20 novembre a bordo di una Megane Scenic dalla casa di via Luganega per poi fare la bellezza di novemila chilometri attraverso due continenti? Dovevano arrivare in un villaggio del Togo e lavorare un mese come volontari ad un progetto residenziale, ma si sono fermati alla penultima tappa.
LA SEGNALAZIONE
Un connazionale della giovane, imprenditore che da sette anni vive e lavora nello stato africano, domenica aveva acceso un'ulteriore fiammella di speranza: «Mi è stato detto da amici che la coppia è stata vista il 22 dicembre ad una cinquantina di chilometri dalla capitale Ouagadougou». Niente da fare, invece: si trattava di un falso avvistamento. Bisogna quindi riavvolgere le lancette e tornare indietro alla sera del 15 dicembre. L'ultima traccia rimane il video inviato da Luca alla propria famiglia mentre si trovava al ristorante Le Bois d'Ébène di Bobo Dioulasso, la seconda città del Burkina Faso.
A confermare tutto ciò è lo stesso imprenditore canadese, Patrick Gagnon: «Ho fatto delle verifiche di persona e poi ho avuto la stessa conferma dagli investigatori: i ragazzi visti il 22 dicembre non erano Luca ed Edith. Si trattava di una coppia tedesca, la nostra era una falsa speranza».
I VOLONTARI
Tra i tanti enti interessati nelle ricerche c'è anche la Federazione Internazionale delle Società di Croce Rossa e di Mezzaluna Rossa, attraverso operatori che conoscono molto bene quelle terre e le relative strutture sanitarie.
La famiglia Tacchetto si affida poi ad Aes Ccc, organizzazione di volontariato internazionale ben radicata in Burkina Faso. «Noi siamo attivi da Natale - conferma la presidente Elena Cracco -. Grazie alla preziosa collaborazione di un nostro volontario, un italiano che ha sposato una donna del Burkina, abbiamo avviato le ricerche dei due ragazzi. Sono stati attivati tutti i canali possibili ed è stata interessata anche la stampa locale africana. È così che è stato rintracciato Robert, il francese che ha ospitato Luca ed Edith a cena il 15 dicembre e che è ripreso nel selfie scattato dalla ragazza. Inoltre abbiamo instaurato un contatto importante con personalità religiose e legate alla Caritas. Da quanto abbiamo appreso, la situazione in Burkina è instabile e pericolosa, e capita spesso che occidentali vengano rapiti perché sono prede ghiotte per la risonanza internazionale. I rapimenti sono messi a segno anche solo al fine di creare un clima di paura o per dimostrare potere nei confronti delle forze dell'ordine. Ma è probabile che dopo settimane di silenzio i rapitori si facciano avanti e chiedano un riscatto».
I PERICOLI
Una conferma sullo scenario decisamente delicato arriva da don Andrea Cristiani, di origine toscana, fondatore del movimento di cooperazione internazionale Shalom. Oggi farà il suo centesimo viaggio in Burkina Faso negli ultimi 31 anni: «Fino a pochi anni fa questo Paese era un esempio di convivenza e accoglienza, ora è caratterizzato da attacchi terroristici ed episodi criminali estranei a questa cultura, frutto di infiltrazioni da parte di altri Paesi». Cosa può essere successo, quindi? «Escludo che si tratti di un'azione terroristica - risponde don Andrea -perché sarebbe stata rivendicata. Mi auguro sia un sequestro temporaneo».
Lorena Levorato
Gabriele Pipia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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