MERLARA
Il maledetto virus continua a seminare morte nella casa di riposo di

Venerdì 27 Marzo 2020
MERLARA
Il maledetto virus continua a seminare morte nella casa di riposo di Merlara, dove sono ormai 16 i decessi in tredici giorni. Mercoledì sera è mancata Maria Meneghello, 95enne di Sant'Urbano: positiva al virus, non soffriva di patologie particolari e le sue condizioni si sono aggravate nel giro di qualche giorno. Una strage silenziosa, costata la vita a un ospite su cinque del Centro servizi per anziani Pietro e Santa Scarmignan. Prima dell'epidemia il pensionato contava 73 anziani, oggi sono soltanto 52. Gli altri lottano tra la vita e la morte nel reparto di Terapia intensiva del Covid hospital di Schiavonia oppure sono già chiusi in una bara. Un'«ecatombe» per usare le parole della presidente Roberta Meneghetti a cui la task force composta dall'amministrazione comunale e dalla dirigenza della struttura sta cercando in tutti i modi di mettere fine. E se la sanità civile non ha accolto la richiesta di aiuto, quella militare ha risposto all'Sos lanciato da Merlara, che ha chiesto l'invio di paramedici militari per dare il cambio agli operatori che da settimane sopportano turni massacranti. «La pratica è stata avviata: siamo in cima alla lista, anche se non sappiamo ancora quante unità arriveranno né quando», spiega il sindaco Claudia Corradin, che in questi giorni è contatto continuo sia con il Prefetto di Padova Renato Franceschelli, sia con il sottosegretario all'Interno Achille Variati. «Ci servirebbero almeno sette o otto paramedici per alleviare il carico di lavoro dei dipendenti e in attesa della guarigione degli operatori in quarantena». Una prima richiesta di aiuto per far fronte alla carenza di personale e alla mancanza di dispositivi di protezione individuale, era stata già rivolta alla Regione e all'Ulss. Ma era caduta nel vuoto. L'amministrazione e i vertici della struttura però non si sono arresi, nonostante il Covid-19 abbia colpito anche loro e alla preoccupazione per la Residenza Scarmignan si sia aggiunta quella per sé stessi e per le rispettive famiglie. Il sindaco, risultata positiva al test, ha bussato a tutte le porte possibili, con un unico obiettivo: salvare le vite degli anziani o perlomeno accompagnarli in modo dignitoso nel loro ultimo viaggio.
CONTROLLI
Nel frattempo è arrivato il momento dei tamponi di controllo sia sui 25 dipendenti in isolamento, sia sugli ospiti per vedere se si sono negativizzati. A occuparsene è il Servizio Igiene e Sanità pubblica dell'Ulss 6 Euganea. Per gli anziani a cui il test dovesse dare esito negativo è stata allestita un'apposita ala della struttura in modo da tenerli separati da chi, essendo positivo, rischia ancora di trasmettere il virus. Gli operatori, prima di tornare in servizio dovranno risultare negativi in due test consecutivi fatti ad almeno 24 ore uno dall'altro. «Non vedono l'ora di riprendere per poter dare il cambio ai colleghi e fornire assistenza agli anziani e questo fa onore a tutti loro», afferma orgogliosa la presidente Meneghetti. Intanto la struttura continua a ricevere l'abbraccio delle tante persone che di fronte a questo dramma hanno deciso di non restare a guardare. Striscioni, lettere di incoraggiamento agli operatori e ai nonni, fiori, dolcetti, forniture di mascherine, camici e altri dispositivi, donazioni in denaro. Ma anche ore del proprio tempo messe a disposizione da chi di lavoro fa tutt'altro eppure in questa emergenza si è reinventato animatore per far trascorrere agli anziani un'ora di svago. Affetto e sostegno anche da parte della Chiesa di Padova: «Ieri sera (mercoledì, ndr) - continua il sindaco- mi ha telefonato anche il vescovo Claudio Cipolla per far sentire la sua vicinanza all'intera comunità di Merlara». Nella messa celebrata mercoledì mattina a Padova, nella Cappella degli Scrovegni, il vescovo ha ricordato nella preghiera sia la casa di riposo ferita sia gli anziani che hanno perso la vita. Dalle fila di Fratelli d'Italia, l'eurodeputato Sergio Berlato e dirigente provinciale Daniele Roncolato sollecitano invece misure drastiche nel tentativo di mettere fine al bollettino di guerra. «Al sindaco chiediamo di chiudere la casa di riposo attraverso un'ordinanza, al Prefetto chiediamo invece di ordinare l'immediato trasferimento degli ospiti all'ospedale di Schiavonia». Una soluzione che, a dire il vero, sembra poco praticabile visto che l'indicazione regionale è di risparmiare posti al Covid hospital e l'ospedale stesso accetta soltanto i casi gravi che hanno bisogno di essere intubati ma al tempo stesso hanno qualche speranza di farcela.
Maria Elena Pattaro
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