Medicina legale, provette truccate nei guai il direttore

Martedì 10 Luglio 2018
Medicina legale, provette truccate nei guai il direttore
L'INCHIESTA
PADOVA Lo scandalo delle provette manomesse all'istituto di Medicina legale si sta allargando a macchia d'olio. È finito iscritto nel registro degli indagati il professore e direttore della struttura Massimo Montisci, accusato di falso ideologico. Gli indagati così salgono a sei. Ieri mattina gli uomini della Squadra di polizia giudiziaria della Procura al quarto piano del palazzo di giustizia, hanno perquisito l'ufficio del cattedratico all'istituto di Medicina legale in via Falloppio 50 e la sua abitazione in pieno centro storico. Gli inquirenti, coordinati dal sostituto procuratore Silvia Golin titolare delle indagini, hanno sequestrato materiale informatico, cartaceo e di laboratorio al docente universitario. Per l'accusa il professore, molto noto in Procura per la sua bravura insieme al suo staff nell'eseguire le autopsie ordinate dai vari magistrati, sarebbe l'artefice di un sistema mirato a truccare le provette di laboratorio per favorire amici e amici di amici, finiti nei guai perchè trovati positivi all'alcol test e alla droga mentre erano al volante. I casi al momento, sempre secondo l'accusa, sarebbero due. Due automobilisti, uno dei quali sarebbe il direttore di un'autoscuola della città e l'altro un albergatore. Tutto è iniziato il 20 giugno, quando in Procura è arrivato un esposto scritto e spedito da uno dei dipendenti di Medicina legale. Un documento molto dettagliato, che ha consentito agli investigatori di agire a colpo sicuro. Nei prossimi giorni gli inquirenti analizzeranno i computer e i telefoni cellulari sequestrati al professor Montisci. L'obiettivo è scoprire file e chat direttamente collegati al sistema delle provette manomesse. Tra i sei indagati c'è anche la dottoressa Arianna Giorgetti, anche lei nei guai per il reato di falso ideologico. La persona che al volante supera i limiti di alcol, o che viene trovata positiva agli stupefacenti, viene punita con il ritiro della patente. I dati vengono trasmessi dalle forze dell'ordine alla Prefettura. Per riottenere la patente dopo la sospensione per uso di alcol, il cittadino si deve sottoporre a lunghi controlli delle urine. Più severo è l'iter per i tossicodipendenti. A queste persone, oltre ai test periodici a campione, viene fatta una vera e propria anamnesi sull'uso di droghe attraverso l'analisi dei capelli. Dove, come, quando fanno uso di stupefacenti, tipologie di droghe assunte e altri elementi utili per capire il grado dipendenza. Nel corso dei mesi successivi al ritiro della patente il cittadino deve dimostrare attraverso test prestabiliti e casuali, di essersi riabilitato, presentandosi sempre pulito ai controlli. Il monitoraggio, soprattutto per le droghe, può durare anche anni. Molto severe sono le norme per i recidivi. La persona che viene trovata una seconda volta drogata alla guida può anche non rivedere mai più la patente. Intanto le indagini su Medicina legale sono solo all'inizio. L'obiettivo degli inquirenti è appurare se ci sono stati altri casi di manomissione delle provette. Come? Gli investigatori andranno a controllare le macchine di laboratorio utilizzate per le analisi del sangue, dell'urina e dei capelli. Tutto infatti rimane tracciato e nessun passaggio può essere cancellato. Certo è che gli investigatori della Squadra di polizia giudiziaria non hanno trovato all'Istituto di Medicina legale dell'Università i reperti per i quali è indagato il chimico Emanuele Nalesso da cui sono partite le indagini. Sarebbero spariti i capelli e le urine dei due automobilisti trovati al volante sotto l'effetto di sostanze dopanti. Reperti sui quali il chimico avrebbe alterato le analisi per ingannare la Commissione medica provinciale e la Prefettura.
M.A.
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