Mamme No Pfas: «Siamo prigionieri della burocrazia»

Sabato 12 Gennaio 2019
MONTAGNANA
Tornano a casa con l'amaro in bocca le Mamme No Pfas che giovedì mattina hanno incontrato a Roma il ministro dell'Ambiente Sergio Costa: il problema dei Pfas è ben lontano dall'essere risolto.
«Pur apprezzando l'impegno, la schiettezza e la disponibilità del ministro non siamo del tutto soddisfatte affermano a causa delle lungaggini burocratiche che rallentano la soluzione del problema». La delegazione di Mamme No Pfas, a cui hanno preso parte anche alcune referenti di Montagnana, era stata invitata dai deputati del Movimento 5 Stelle a presentare, nella sala stampa della Camera, il video realizzato per sensibilizzare ai ministri dell'Ambiente europei in vista della riformulazione della Direttiva sulla qualità dell'acqua destinata al consumo umano. «Il limite di Pfas tollerato deve essere pari a zero» hanno ribadito più volte le mamme, insistendo sulla necessità da parte dell'Italia di fissare un limite nazionale. Richieste a cui non è facile fornire una risposta in tempi brevi: il ministro ha spiegato infatti che a livello europeo la questione del limite zero non è facile da raggiungere perché non tutti i paesi dell'Unione sono sensibili al tema. L'Italia sta cercando di costituire una minoranza di blocco alleandosi con altri stati membri per avere più peso nella votazione. A livello nazionale, invece, qualche passo è stato fatto ma il raggiungimento di risultati concreti si scontra con le lungaggini burocratiche: le linee guida scritte a inizio dicembre dal gruppo di lavoro costituito ad hoc dal Ministero, dovranno essere discusse nella Conferenza permanente Stato-Regioni. «Forse non sono le risposte in cui speravate ha affermato Costa alla fine dell'incontro ma sto facendo il possibile, compatibilmente con i tempi della burocrazia. Sono disponibile ad altri incontri, non mollate». Un'esortazione che le Mamme No Pfas mettono in pratica già da anni e che le ha spinte a bussare alle porte di tutte le autorità: dalla Regione al governo, dall'Europarlamento alla Procura di Vicenza, che sta ancora indagando sull'inquinamento delle falde acquifere del Basso Veneto, di cui è ritenuta responsabile l'azienda Miteni di Trissino, ora fallita.
Ieri si è aggiunto un ulteriore tassello proprio sul fronte giudiziario: la sede Cgil di Vicenza e quella del Veneto hanno presentato un esposto alla Procura vicentina nei confronti dell'azienda chimica per aver avvelenato i lavoratori. «Con questa azione legale contro i vecchi e gli attuali vertici dell'industria spiegano i responsabili della Cgil vogliamo tutelare gli oltre 500 lavoratori che nei decenni si sono alternati all'interno dell'azienda Rimar/Miteni e che ora presentano traccia di queste sostanze velenose nel sangue. Ci riserviamo fin d'ora la facoltà di costituirci parte civile». Nel frattempo il governatore del Veneto Luca Zaia martedì ha emesso un'ordinanza per vietare il consumo di pesce pescato nei territori dei trenta comuni che rientrano nell'Area rossa. Per la Bassa padovana i paesi coinvolti sono Borgo Veneto, Casale di Scodosia, Lozzo Atestino, Megliadino San Vitale, Merlara, Montagnana, Urbana. Il dispositivo è valido fino al 30 giugno ed è stato emanato sulla base delle elevate concentrazioni di Pfos, una delle sostanze perfluoroalchiliche, riscontrate nell'acqua.
M. E. P.
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