LA TESTIMONIANZA
CITTADELLA «Io, Riccardo e i miei familiari siamo affranti

Sabato 24 Agosto 2019
LA TESTIMONIANZA
CITTADELLA «Io, Riccardo e i miei familiari siamo affranti per quello che è avvenuto che non era minimamente immaginabile. Stiamo lottando da 25 anni contro la droga, se avessi avuto il benchè minimo sospetto di quello che stava accadendo, sarei intervenuta immediatamente, avrei chiamato io per prima i carabinieri. Mi ero presa tre giorni di vacanza ed è successo il dramma. Comprendiamo il dolore della famiglia di Federico, ed anch'io non mi capacito perchè conoscevo Federico, eccome». Le parole sono di Sara, 41 anni, sorella di Riccardo Piotto, 44 anni, che lunedì scorso era andato con Federico Bertollo, 22 anni, nell'abitazione di Cittadella di Ivano Sogliacchi, 49 anni, che gli avrebbe iniettato per la prima volta una dose di eroina procurando la morte del giovane. Ma l'esatta dinamica - pare che siano passare alcune ore dal malore alla richiesta di aiuto - è al vaglio degli investigatori. Sogliacchi, già noto per spaccio, è in carcere al Due Palazzi.
IL DOLORE
«Riccardo - continua la sorella - lui soffre di disturbo bipolare, è seguito da uno psichiatra e dal Servizio tossicodipendenze e anche da noi familiari, oggi io e mio padre, la mamma è mancata cinque anni fa. La sua situazione è molto particolare, è debole e fragile ed ha un tutore, l'avvocato Eddy Bazzan (già vice sindaco di Curtarolo ndr). Riccardo - sottolinea la sorella che abita a Stroppari di Tezze sul Brenta, in provincia di Vicenza - ha prima di tutto perso un amico perchè con Federico condividevano la passione per la musica e poi per i film. Centinaia e centinaia quelli che hanno visto assieme, come pure le canzoni ascoltate. Non gli ha certo dato lui l'eroina, nè la utilizzava perchè i controlli ai quali settimanalmente è sottoposto, lo avrebbero rivelato immediatamente»
LA CASA
«Riccardo - riprende Sara Piotto - abita a Cittadella in un appartamento di mia proprietà, per essere vicino alla struttura ospedaliera. Tante volte Federico è stato con lui appunto per la condivisione delle passioni. A volte quando portavo la spesa o cucinavo per loro, mi dedicava una canzone suonando l'armonica a bocca e mio fratello lo accompagnava con la chitarra. Il loro era un legame di amicizia, ma - ripete Elena Piotto - non determinato dalla droga. Nè c'era il sentore che, pur conoscendo la famiglia Sogliacchi visto che mio fratello adesso trascorre del tempo con la mamma di Ivano che è da sola, potesse avvenire quello che purtroppo è accaduto. Lo ripeto, io per prima avrei denunciato alle forze dell'ordine anche il minimo sospetto»
I DUE AMICI
«Qualcuno ha sostenuto che Riccardo ha plagiato Federico. Non è così, si frequentavano non solo in casa, ma anche nel vicino bar a Pozzetto dove ci sono le loro due abitazioni a poca distanza. Appunto erano degli amici che si sono trovati in un momento particolare».
LA DROGA
«La nostra lotta come famiglia per contrastare la caduta nella droga di Riccardo, è cominciata 25 anni fa - spiega la sorella -. Purtroppo ci sono degli effetti che non sono reversibili, ma l'attenzione è massima, da parte mia e del papà, da parte degli specialisti. Riccardo e Federico certamente si sono trovati, diventando amici, non era una frequentazione - ripeto - dovuta agli stupefacenti. I carabinieri stessi hanno indicato la presenza e le generalità di mio fratello quando sono intervenuti lunedì. Sanno che era li, ma Riccardo non è stato sentito da nessuno come del resto a nessuno di noi è stato chiesto nulla».
IL FATTO
«Non riusciamo ancora a capire quanto possa avere compreso dell'accaduto - sottolinea Sara Piotto -. Alcune dinamiche Riccardo le affonta con una profonda introversione anche se all'esterno può sembrare tranquillo. L'avvocato che ne ha la tutela si è messo a disposizione ovviamente per quanto dovesse essere necessario. Il mio rammarico è di essere stata via da Cittadella, seppur per pochissimi giorni. Non c'era nessun elemento che potesse far temere qualche cosa di grave, mi creda. Anche se a qualcuno potrebbe sembrare strano - ribadisce la signora Sara - è grande anche il nostro dolore».
IL DOLORE
«Non abbiamo ancora contattato la famiglia di Federico perchè comprendiamo il loro stato, faremmo lo stesso anche noi con un figlio, un fratello, mancato così. C'è la necessità di capire con chiarezza quello che è avvenuto. Per questo, in questo frangente, preferiamo evitare la nostra presenza fisica, ma con questo non vuol dire che non soffriamo. Anche noi siamo gente per bene che si trova da tempo a lottare contro quella che è una vera e propria piaga».
Michelangelo Cecchetto
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