«Io, medico a gettone, in prima linea al pronto soccorso»

Giovedì 3 Dicembre 2020
«Io, medico a gettone, in prima linea al pronto soccorso»
L'INTERVISTA
CAMPOSAMPIERO «Siamo molto stanchi e, nonostante le protezioni, la paura di contagiarsi è forte». La testimonianza è di Giovanni Naclerio, 39 anni, uno dei tanti giovani medici padovani rimasti esclusi dal concorso per le scuole di specializzazione. Dopo aver passato un periodo in un ospedale in Irlanda, da due anni lavora come libero professionista al Pronto soccorso di Camposampiero. E' uno dei cosiddetti medici a gettone.
Dottor Naclerio quali sono i suoi compiti?
«Gestisco codici minori insieme ad altri colleghi, che come me non sono specializzati a causa degli insufficienti posti messi a disposizione dal governo. Nel nostro lavoro abbiamo spesso a disposizione i preziosi consigli di medici strutturati, sostanzialmente medici esperti. Questo privilegio purtroppo non sempre risulta disponibile in questo periodo, a causa dell'emergenza Covid. La tipologia di pazienti, infatti, richiede ambulatori dedicati e dispositivi protettivi individuali, che rendono le dinamiche intraospedaliere estremamente complicate».
Come sta vivendo la pandemia?
«Noi eseguiamo settimanalmente il tampone per la ricerca del virus ed ogni volta tratteniamo il fiato, sperando che la temibile polmonite da Coronavirus non colpisca anche noi. Non sempre è possibile proteggersi, non sempre la mascherina è sufficiente. Mi viene in mente un paziente che ho visitato la settimana scorsa, un politrauma, caduto da una scala. Verrebbe da pensare che non vi sia alcun rischio espositivo correlato al trauma. Purtroppo il paziente in questione aveva riportato anche una ferita al labbro, il che comporta la necessità di abbassargli la mascherina per suturargli il labbro. I suoi colpi di tosse durante la procedura mi hanno spaventato molto».
Al Pronto soccorso giungono casi gravi, che esperienze ha vissuto?
«C'è chi ci lascia senza una carezza, senza uno sguardo: questa malattia non fa distinzione di sesso, razza ed età. Basti pensare ad una donna di 48 anni, senza altre patologie di base, che è stata intubata qualche settimana fa. Una realtà agghiacciante che segnerà la storia, che verrà studiata sui libri di storia».
Molti laureati non riescono ad ottenere una borsa di studio alle scuole di specialità, cosa ne pensa?
«I tagli alla Sanità hanno pesato sulla situazione attuale e su possibili scenari futuri. Infatti al nostro Paese mancheranno 45 mila medici specialisti in 5 anni. Possiamo immaginare uno stadio di calcio che si svuota lentamente. Chi rimarrà a sostenere la squadra? Saremo costretti ad importare medici specialisti a chissà quale prezzo e da chissà dove, quando avevamo i migliori in panchina e non li abbiamo fatti giocare. È poi assurdo che noi medici impegnati in prima linea, costretti a lavorare anche 48/60 ore alla settimana notte e giorno, senza conoscere sabato o domenica liberi, non abbiamo avuto una graduatoria riservata all'ultimo concorso di specializzazione. Non c'è stato alcun intento di stabilizzarci. Chi è stato comodamente a casa a studiare, potendo dedicare tutto il tempo alla preparazione di un concorso così nozionistico, ha avuto le stesse opportunità di chi invece, come noi, ha lavorato per il Paese».
E.F.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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