Dina si è spenta in una settimana: le vittime sono diventate 24

Lunedì 6 Aprile 2020
Dina si è spenta in una settimana: le vittime sono diventate 24
LA STRAGE
MERLARA Ventiquattro vittime. Al già drammatico bollettino della casa di riposo, sabato sera si è aggiunto un altro nome, quello di Dina Boscarollo, 95 anni, originaria di Urbana. Niente febbre né tosse, eppure era risultata positiva al tampone. Nell'ultima settimana rifiutava il cibo e nemmeno attraverso le flebo era più possibile nutrirla. Si è spenta come una candela: nel Centro servizi per anziani Pietro e Santa Scarmignan il virus colpisce anche così, in modo strisciante, silenzioso. Dei 73 ospiti iniziali, nel pensionato ne sono rimasti soltanto 48, di cui 46 positivi. Una è ricoverata a Schiavonia, mentre gli altri hanno chiuso gli occhi per sempre.
IL RICORDO
Ieri mattina don Lorenzo Trevisan, parroco di Merlara e Minotte li ha ricordati uno per uno durante la messa delle Palme celebrata a porte chiuse ma trasmessa in diretta Facebook, in modo da mantenere il legame con la comunità. Un legame che passa anche attraverso il ricordo per chi non ce l'ha fatta e la preghiera per le famiglie toccate dal lutto. «Credo che mamma si sia lasciata andare racconta Donatella Garola, 64 anni, una delle tre figlie dell'anziana aveva l'Alzheimer e forse si è convinta di essere all'ospedale vedendosi circondata da infermiere e operatori che non riconosceva più dentro le tute e sotto le mascherine. L'abbiamo sentita al telefono ma non ci ha riconosciuti». La figlia è convinta che l'anziana abbia ceduto anche sotto il peso della tristezza e della malinconia causata da tutta questa situazione. Di una cosa però è sicura: sua madre è stata accudita con amore fino alla fine.
«Devo ringraziare il dottore e tutti gli operatori per le cure e l'affetto che le hanno dato afferma mi dispiace non averla vista in questo ultimo mese e mi dispiace non poterle dare il funerale che avrebbe voluto. Sono sicura che i suoi concittadini di Urbana avrebbero partecipato perché era una signora benvoluta». A confermarlo è il sindaco Michele Danielli, che ai familiari rivolge parole di cordoglio a nome dell'intera comunità. «Alla famiglia vanno le più sentite condoglianze. Dina era una persona solare ricorda il primo cittadino quando passavi davanti a casa sua era sempre pronta a salutarti con un sorriso. Ci mancherà». L'anziana aveva alternato il lavoro nei campi alla cura della famiglia. Madre di tre figlie Lia, Assunta e Donatella nonna e bisnonna, era rimasta vedova diciassette anni fa e da giugno del 2017 era ospite della casa di riposo, dove si era subito trovata a proprio agio.
La sua morte, la ventiquattresima da quando la residenza Scarmignan è un focolaio di contagio, ha lasciato senza parole i vertici del pensionato. Non solo perché l'anziana non presentava criticità particolari ma anche perché la tregua durata da lunedì a venerdì aveva fatto ben sperare. Venerdì notte però il virus era tornato a colpire, uccidendo Eufemia Buson, 87enne di San Pietro Viminario. «Siamo senza più parole commenta affranta la presidente Roberta Meneghetti proprio adesso che all'interno della struttura stanno riprendendo le attività e sono state intensificate anche le videochiamate». «È difficile continuare a elencare i morti aggiunge il sindaco Claudia Corradin, che ogni sera sul suo profilo Facebook pubblica gli aggiornamenti sulla casa di riposo. Per cinque giorni i suoi post avevano smesso di assomigliare a bollettini di guerra, poi la tregua è finita. «Sono davvero dispiaciuta» conclude la Corradin, in quarantena perché positiva al Covid-19. Il sindaco sa di essere un soggetto a rischio per via dei suoi 72 anni ma fin dall'inizio ha scelto di non tirarsi indietro e di fare tutto il possibile per fermare la strage in casa di riposo. Visto che la Regione e la sanità civile non avevano mandato gli aiuti richiesti in termini di personale di rinforzo, la prima cittadina aveva lanciato il suo Sos alla sanità militare, ottenendo, anche grazie all'intervento del prefetto Renato Franceschelli, un contingente di cinque infermieri dell'esercito coordinati dal colonnello medico Fabio Soldà. Da una settimana i militari lavorano al fianco degli operatori per fermare «l'ecatombe», come l'ha definita la presidente. «Stiamo bevendo anche noi un calice amaro che preferiremmo allontanare, proprio come è successo a Gesù durante la sua Passione ha detto ieri don Lorenzo Trevisan durante l'omelia mettiamo sotto la sua croce tutte le nostre famiglie, il lavoro, la salute, il nostro pensionato, le vittime. Preghiamo per chi sta lottando per noi: medici, infermieri, operatori, volontari. E anche se questo calice è duro da trangugiare, alla fine faremo esperienza della Pasqua di Resurrezione».
Maria Elena Pattaro
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