Un mega progetto che diventa realtà a Punta del Este, in Uruguay. E uno che

Mercoledì 23 Gennaio 2019
Un mega progetto che diventa realtà a Punta del Este, in Uruguay. E uno che attende tutti i permessi a Torcello, nella laguna di Venezia, proprio dove Giuseppe Cipriani nel 1935 aprì la Locanda Cipriani, dando vita a uno dei marchi mondiali della ristorazione e della ricettività.
Ottantaquattro anni dopo, il ritorno a Torcello porta ancora il nome di Giuseppe Cipriani, figlio di quell'Arrigo che a 86 anni, in questi giorni, ha lasciato per poco l'Harry's Bar ed è volato proprio in Uruguay per seguire in prima persona il progetto Ocean Cipriani Resort e Club Residences.
Un passo per volta: prima il super albergo sulla costa dell'Atlantico, dove saranno investiti 450 milioni di dollari, poi il progetto in laguna, ancora tutto da svelare. Al momento Torcello produce carciofi, ma si parla di un ritorno con un albergo diffuso che rispetti la cubatura delle poche costruzioni esistenti in isola, senza stravolgerne il fascino.
Giuseppe Cipriani, partiamo dal Sudamerica: come è nato il progetto e che significato ha per la presenza del marchio Cipriani in Uruguay, dopo l'operazione del 2003 col Cipriani Punta del Este?
«La presenza del marchio Cipriani in Uruguay è ben conosciuta non solo perché siamo stati presenti con il Cipriani Resort poi venduto e diventato hotel Mantra ma anche per la nostra presenza in Argentina a Buenos Aires con diversi ristoranti negli anni 90».
Chi sono i partner finanziari del progetto?
«Al momento non abbiamo soci e il progetto è interamente finanziato dal nostro gruppo. Si tratta di un progetto molto Importante, con 190mila metri quadri è il più grande in Uruguay per ora e darà lavoro a circa 1500 persone. Sarà sviluppato in diverse fasi, nella prima verrà costruito il Cipriani Ocean Resort and Club Residences, cioè una parte di hotel, una parte di residenze con servizi di hotel, spa, spazio eventi, una grande galleria di negozi di lusso di circa 8000 metri quadri e il casinò Cipriani».
Quando aprirà l'Ocean e qual è Il contributo italiano, a parte l'architetto Michele Bonan?
«La prima fase dovrebbe completarsi ad agosto 2021. L'architetto Bonan disegnerà gli interni dell'hotel e gli spazi comuni. Tutti i mobili e gli arredi saranno rigorosamente made in Italy».
Quale supporto avete ricevuto dalle autorità locali in termini di permessi, disponibilità, sostegno al progetto?
«Il supporto dalle autorità locali è stato incredibile. Il progetto è stato avviato e approvato in 5 mesi. In Italia per approvare un progetto del genere ci vorrebbero, se si è fortunati, 10 anni. Non solo a livello locale ma anche a livello nazionale ci sono stati dati benefici fiscali per 100 milioni di dollari. Queste sono le condizioni ideali per far sì che un gruppo internazionale come il nostro decida o meno di investire in un paese. In Italia quest'anno abbiamo abbandonato un progetto su Milano quando ci siamo resi conto che contrariamente a quanto succede in tutti gli altri paesi, la normative prevede che per porre una cucina nell'interrato di un ristorante sia necessario aprire un'uscita d'aria e luce uguale allo spazio della cucina, attraverso tutto il ristorante fino all'ultimo piano. Pazzie italiane».
C'e differenza in questo, nel rapporto con le istituzioni e la burocrazia, tra Italia e altri paesi?
«Per darle un esempio locale, su Venezia stiamo aspettando da cinque anni l'approvazione di un progetto nell'isola di Torcello che non comporta nessuna modifica di volumi ma solo ridistribuzione. Nel frattempo mi consolo mangiando ottimi carciofi che abbiamo piantato sull'isola. Purtroppo in Italia ci si scontra con una burocrazia che ci ha portato dove siamo finiti oggi».
Qual è il progetto su Torcello?
«È presto per parlarne».
Ma qual è la forza del marchio Cipriani all'estero?
«Il lavoro continuo e la passione di quattro generazioni e dei clienti meravigliosi che ci seguono in tutto il mondo».
Torniamo su Venezia, come valuta l'apertura di nuovi hotel low cost su Mestre e il fenomeno turistico? È d'accordo con la tassa di sbarco per far pagare non solo chi soggiorna, ma anche chi entra in città con qualsiasi mezzo (nave, treno, barche...)?
«Sulla tassa di ingresso sono assolutamente d'accordo. Non sono d'accordo sui 10 euro perché dovrebbero essere almeno 50. Ho visto negli anni una città abbandonata dai veneziani e presa d'assalto dai turisti mordi e fuggi. È necessario riportare gli abitanti. Bisognerebbe dare incentivi a chi decide di vivere a Venezia così da poter riaprire i negozi di frutta e verdure, i macellai, i pescivendoli, ridare anima alla città e chiudere un po' di negozi di maschere».
Davide Scalzotto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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