La bomba impiegò 49 per radere al suolo Hiroshima che era una città con un grande porto, 350 mila abitanti tra civili e militari.
La bomba ribattezzata Little Boy, ragazzino, scivolò nell'aria alle 8,15 del mattino di lunedì 6 agosto 1945, settant'anni fa. Non si conoscevano gli effetti, si sapeva soltanto che era l'arma più devastante mai costruita dall'uomo: all'uranio, potenza di 16 chilotoni, qualcosa come 16mila tonnellate di tritolo.
A quell'ora a Hiroshima i bambini andavano a scuola, gli uomini si recavano al lavoro e le donne si mettevano in coda per la spesa. L'esplosione si sviluppò alla velocità di 1300 chilometri orari e con una forza d'urto di settemila tonnellate per centimetro quadrato. Il calore che raggiunse in certe parti 900 mila gradi sciolse i tetti e fece sparire le persone fissando le ombre sull'asfalto e sui muri come un negativo fotografico. A molti chilometri dall'esplosione caddero i capelli e lembi di pelle si staccarono dai corpi di morti e di vivi.
Nessuno sapeva come fronteggiare la tragedia e nessuno conosceva ancora gli effetti delle radiazioni. La prefettura di Hiroshima distribuì un volantino perfino disarmante: Tutti coloro che sono stati ustionati devono fare un bagno in una soluzione composta per metà di acqua di mare e per metà di acqua dolce. Tre giorni dopo un'altra bomba atomica distrusse Nagasaki. Questa si chiamava Fat man, il Ciccione, più pesante, diversa al plutonio, molto più potente: 21 chilotoni. La città portuale di 240 mila abitanti ne perse in pochi istanti 40 mila e a salvare parte della popolazione furono un errore di puntamento e la conformazione collinare. Nagasaki, forse la città giapponese più aperta all'Occidente e con una comunità di cattolici e una forte presenza socialista, non doveva nemmeno essere bombardata. L'obiettivo primario era Kokura, ma i bombardieri americani la trovarono coperta di nubi.
Si continuerà a morire per molti anni ancora: 150 mila vittime nei primi anni, più di 300 mila nei trent'anni successivi e si continua a morire ancora per le conseguenze di quelle bombe. Il passato è come l'oceano, restituisce sempre: alla fine del Novecento decine di cadaveri sono riaffiorati sull'isola di Ninoshima; erano vittime dell'atomica.
La bomba era stata provata due settimane prima nel deserto americano di Alamogardo. Sapevano che era potentissima, colpì soprattutto la luce: Una luce non di questo mondo, la luce di molti soli in uno , scrisse il New York Times. Il bambino è nato felicemente, fu il messaggio inviato al presidente americano Truman subentrato alla morte di Roosevelt e impegnato a luglio nelle trattative di pace in Europa a Potsdam. Le più vive congratulazioni al medico e al suo consulente, fu la risposta. L'esperimento nucleare era riuscito, sotto la direzione di Robert Oppenheimer avevano lavorato i più grandi fisici del tempo, compresi i Nobel Fermi e Einstein.
La bomba si sentì a 50 chilometri di distanza: Pikadon, lampo-tuono lo chiamarono i giapponesi. L'asfalto si trasformò in liquido bollente, i raggi uccisero uccelli e pesci ma non ebbero effetto su rane, topi, lucertole e zanzare. Poi caddero enormi gocce d'acqua scura che riportarono a terra la polvere radioattiva. Nel raggio di due chilometri dall'esplosione morirono tutti in pochi secondi.
Quei tre giorni d'agosto determinarono la fine vera della seconda guerra mondiale, cancellarono un mondo. La guerra in Europa si era già conclusa da tre mesi, ma il Giappone aveva respinto la resa incondizionata e chiedeva alla sua gente sacrifici che nemmeno Hitler aveva imposto ai tedeschi. Era crollato tutto, perfino le gheise erano rimaste senza lavoro. Persisteva una fatalistica rassegnazione e il rifiuto di arrendersi. Il presidente americano Truman aveva annunciato la completa distruzione del territorio nipponico.
Dopo Hiroshima e Nagasaki, il 15 agosto l'imperatore Hirohito annunciò: E' giunto il momento di sopportare l'insopportabile. Un minuto prima di mezzogiorno, i giapponesi si alzarono in piedi per ascoltare alla radio la voce dell'imperatore. Sentire quella voce fu il segno che era accaduto qualcosa di simile alla fine del mondo.
Oggi molti giovani giapponesi non sanno, non sono stati informati; e chi c'era ha almeno ottant'anni e talvolta fa finta di non ricordare. Dieci anni fa una superstite di Hiroshima è venuta a Padova e Aviano a raccontare la sua esperienza. Seiko Ikedo, 83 anni, i capelli di un nero orientale, le labbra colorate come una bambola di porcellana, porta ancora sul volto e sul corpo i segni di quel 6 agosto. Ha subito quindici operazioni al viso: Non volevo diventare bella, rivolevo solo mia faccia.
Hiroshima è oggi una città di oltre un milione di abitanti, un porto ricco sul mare. Hiroshima è forse uno dei due luoghi ideali per capire come si possono distruggere il valore e la dignità dell'uomo; l'altro è Auschwitz.
Ci sono nel mondo forse ventimila atomiche pronte a esplodere e altre quindicimila possono essere montate in tutta fretta. E' diventato probabilmente più difficile far capire il senso dell'orrore per la guerra, per le armi nucleari sempre più potenti e distruttive, per l'odio che alimenta eserciti e fondamentalismi che si allargano. E il terrorismo si nasconde dietro ideologie e fanatismi religiosi.
A Hiroshima c'è il museo della distruzione. All'ingresso i bambini accolgono i visitatori con un fiore bianco. Salutano con un inchino e dicono: Vi preghiamo di ricordare al mondo la nostra storia perché non si ripeta più. A Nagasaki hanno aperto un parco della pace e un museo dell'atomica, e l'acqua scorre incessantemente e diffonde il suo suono. A Hiroshima il 6 e a Nagasaki il 9 agosto la vita si è fermata per un minuto, poi sono state sciolte le campane.
© riproduzione riservata
La bomba ribattezzata Little Boy, ragazzino, scivolò nell'aria alle 8,15 del mattino di lunedì 6 agosto 1945, settant'anni fa. Non si conoscevano gli effetti, si sapeva soltanto che era l'arma più devastante mai costruita dall'uomo: all'uranio, potenza di 16 chilotoni, qualcosa come 16mila tonnellate di tritolo.
A quell'ora a Hiroshima i bambini andavano a scuola, gli uomini si recavano al lavoro e le donne si mettevano in coda per la spesa. L'esplosione si sviluppò alla velocità di 1300 chilometri orari e con una forza d'urto di settemila tonnellate per centimetro quadrato. Il calore che raggiunse in certe parti 900 mila gradi sciolse i tetti e fece sparire le persone fissando le ombre sull'asfalto e sui muri come un negativo fotografico. A molti chilometri dall'esplosione caddero i capelli e lembi di pelle si staccarono dai corpi di morti e di vivi.
Nessuno sapeva come fronteggiare la tragedia e nessuno conosceva ancora gli effetti delle radiazioni. La prefettura di Hiroshima distribuì un volantino perfino disarmante: Tutti coloro che sono stati ustionati devono fare un bagno in una soluzione composta per metà di acqua di mare e per metà di acqua dolce. Tre giorni dopo un'altra bomba atomica distrusse Nagasaki. Questa si chiamava Fat man, il Ciccione, più pesante, diversa al plutonio, molto più potente: 21 chilotoni. La città portuale di 240 mila abitanti ne perse in pochi istanti 40 mila e a salvare parte della popolazione furono un errore di puntamento e la conformazione collinare. Nagasaki, forse la città giapponese più aperta all'Occidente e con una comunità di cattolici e una forte presenza socialista, non doveva nemmeno essere bombardata. L'obiettivo primario era Kokura, ma i bombardieri americani la trovarono coperta di nubi.
Si continuerà a morire per molti anni ancora: 150 mila vittime nei primi anni, più di 300 mila nei trent'anni successivi e si continua a morire ancora per le conseguenze di quelle bombe. Il passato è come l'oceano, restituisce sempre: alla fine del Novecento decine di cadaveri sono riaffiorati sull'isola di Ninoshima; erano vittime dell'atomica.
La bomba era stata provata due settimane prima nel deserto americano di Alamogardo. Sapevano che era potentissima, colpì soprattutto la luce: Una luce non di questo mondo, la luce di molti soli in uno , scrisse il New York Times. Il bambino è nato felicemente, fu il messaggio inviato al presidente americano Truman subentrato alla morte di Roosevelt e impegnato a luglio nelle trattative di pace in Europa a Potsdam. Le più vive congratulazioni al medico e al suo consulente, fu la risposta. L'esperimento nucleare era riuscito, sotto la direzione di Robert Oppenheimer avevano lavorato i più grandi fisici del tempo, compresi i Nobel Fermi e Einstein.
La bomba si sentì a 50 chilometri di distanza: Pikadon, lampo-tuono lo chiamarono i giapponesi. L'asfalto si trasformò in liquido bollente, i raggi uccisero uccelli e pesci ma non ebbero effetto su rane, topi, lucertole e zanzare. Poi caddero enormi gocce d'acqua scura che riportarono a terra la polvere radioattiva. Nel raggio di due chilometri dall'esplosione morirono tutti in pochi secondi.
Quei tre giorni d'agosto determinarono la fine vera della seconda guerra mondiale, cancellarono un mondo. La guerra in Europa si era già conclusa da tre mesi, ma il Giappone aveva respinto la resa incondizionata e chiedeva alla sua gente sacrifici che nemmeno Hitler aveva imposto ai tedeschi. Era crollato tutto, perfino le gheise erano rimaste senza lavoro. Persisteva una fatalistica rassegnazione e il rifiuto di arrendersi. Il presidente americano Truman aveva annunciato la completa distruzione del territorio nipponico.
Dopo Hiroshima e Nagasaki, il 15 agosto l'imperatore Hirohito annunciò: E' giunto il momento di sopportare l'insopportabile. Un minuto prima di mezzogiorno, i giapponesi si alzarono in piedi per ascoltare alla radio la voce dell'imperatore. Sentire quella voce fu il segno che era accaduto qualcosa di simile alla fine del mondo.
Oggi molti giovani giapponesi non sanno, non sono stati informati; e chi c'era ha almeno ottant'anni e talvolta fa finta di non ricordare. Dieci anni fa una superstite di Hiroshima è venuta a Padova e Aviano a raccontare la sua esperienza. Seiko Ikedo, 83 anni, i capelli di un nero orientale, le labbra colorate come una bambola di porcellana, porta ancora sul volto e sul corpo i segni di quel 6 agosto. Ha subito quindici operazioni al viso: Non volevo diventare bella, rivolevo solo mia faccia.
Hiroshima è oggi una città di oltre un milione di abitanti, un porto ricco sul mare. Hiroshima è forse uno dei due luoghi ideali per capire come si possono distruggere il valore e la dignità dell'uomo; l'altro è Auschwitz.
Ci sono nel mondo forse ventimila atomiche pronte a esplodere e altre quindicimila possono essere montate in tutta fretta. E' diventato probabilmente più difficile far capire il senso dell'orrore per la guerra, per le armi nucleari sempre più potenti e distruttive, per l'odio che alimenta eserciti e fondamentalismi che si allargano. E il terrorismo si nasconde dietro ideologie e fanatismi religiosi.
A Hiroshima c'è il museo della distruzione. All'ingresso i bambini accolgono i visitatori con un fiore bianco. Salutano con un inchino e dicono: Vi preghiamo di ricordare al mondo la nostra storia perché non si ripeta più. A Nagasaki hanno aperto un parco della pace e un museo dell'atomica, e l'acqua scorre incessantemente e diffonde il suo suono. A Hiroshima il 6 e a Nagasaki il 9 agosto la vita si è fermata per un minuto, poi sono state sciolte le campane.
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