NEW YORK - «C'è un'atmosfera surreale qui a Filadelfia all'arrivo del Papa» dice Alfonso Bellacosa, uno dei medici ricercatori italiani di maggior successo negli Usa. «Da una parte la città è presidiata da poliziotti e barricate come non c'era mai capitato di vedere. Dall'altra ci sono scene di pacata serenità felliniana: gruppi di preti che scorrazzano a bordo di biciclette offerte dalla municipalità; le suore che si affrettano agitando i veli sui viali cittadini». Bellacosa è uno degli illustri residenti italiani di Filadelfia che avrà il privilegio di accostarsi al Pontefice, durante il suo intervento di fronte al museo cittadino. La rivista Oncotarget sta per pubblicare il più recente studio che il nostro oncologo di stanza al Fox Chase Cancer Center ha compiuto insieme ai colleghi pugliesi Rossella Tricarico e Salvatore Cortellino, e che dimostra il coinvolgimento del gene della riparazione del DNA MBD4 nel cancro colo-rettale. «Questa città - argomenta il medico è stata fondata dai quaccheri, e conserva un forte rispetto per i concetti della tolleranza e della legalità. Nel campo della famiglia, che è l'oggetto del congresso che il Papa viene a visitare, questi due termini oggi definiscono temi di scottante attualità come un maggiore rispetto per la presenza delle donne all'interno della chiesa, e un'apertura alla comunità lgbt che ha appena ottenuto la legittimazione civile dei matrimoni gay». Si sente ispirato nel suo lavoro dall'arrivo di Bergoglio? «La mia ricerca segue il filone aperto dagli studi di Beatrice Mintz e Alfred Knudson, tra i primi a identificare la similitudine tra il processo di sviluppo di un embrione e quello di una cellula tumorale. Una linea sottile e parallela, che guida apparentemente nella stessa direzione il principio della vita e uno degli agenti più minacciosi della morte. Quando ci si trova di fronte ad un dilemma di questo tipo è impossibile non tornare con la mente alla massima crociana: non possiamo non dirci cristiani».
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