Il giudice assolve il poliziotto: «Il questore mentì»

Mercoledì 26 Giugno 2019
IL PROCESSO
BELLUNO «Le indagini integrative della Procura hanno smentito le dichiarazioni dell'allora questore». Nelle motivazioni della sentenza il giudice Angela Feletto, che ha assolto il poliziotto Michele Menestrina, non ne risparmia all'allora questore Attilio Ingrassia, oggi in pensione. Il poliziotto Michele Menestrina, fino al 2014 (oggi è in pensione) era in servizio all'ufficio tecnico logistico in via Col di Lana, responsabile dell'armeria della Questura. Era chiamato a rispondere di truffa, falsità ideologica e abbandono del posto di lavoro perché tra il maggio e soprattutto quasi tutto il mese di luglio 2015 si sarebbe ripetutamente assentato pur risultando in servizio, spesso per andare a sparare al poligono.
IL FALSO
Nel processo era stato chiamato come testimone l'ex questore e aveva smentito la versione dell'imputato, che aveva spiegato di essere stato autorizzato da lui a effettuare servizi al Tiro a Segno di Mussoi, dove la polizia andava a sparare con pallottole che richiedevano poi la bonifica dell'area. «La questione del poligono di tiro è il nodo focale del processo», scrive il giudice. Ma in aula erano emerse due versioni opposte: quella dell'ex questore e quella di Menestrina. Il giudice ha ritenuto vera quella dell'imputato, e lo ha assolto, ma l'allora questore non sarebbe comunque perseguibile per falsa testimonianza. «Le dichiarazioni del questore Ingrassia - scrive il giudice nella sentenza - se avessero confermato quanto sostenuto da Menestrina avrebbero potuto comportare una responsabilità a carico dello stesso, perché avrebbe ammesso di aver contravvenuto a un divieto di legge. Quindi non possono dar luogo al reato di falsa testimonianza per il divieto dell'obbligo di dichiarazioni autoaccusatorie da parte del testimone». Nessuna trasmissione degli atti quindi alla Procura per quanto detto dall'ex questore in aula.
L'ASSOLUZIONE
Il giudice conclude affermando che «sussiste pacificamente il reato di truffa», da parte dell'agente che si assentava dal lavoro, ma non ci sarebbe il dolo. «Il comportamento complessivo dell'imputato - si legge nelle motivazioni - è incompatibile con la volontà di ottenere ingiusti profitti e nemmeno di danneggiare la polizia di Stato. Il comportamento complessivo non è quello di un assenteista, avendo dimostrato, soprattutto per la questione del Poligono, di avere a cuore il buon andamento dell'amministrazione di appartenenza piegandosi alla pressione dei propri superiori, nonostante quello che gi venisse richiesto non fosse normativamente regolare». E alla fine ha assolto il poliziotto «perché il fatto non sussiste».
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