Si salda l'asse tra Conte e il Pd Di Maio e Renzi: sarà battaglia

Giovedì 17 Ottobre 2019
IL RETROSCENA
ROMA Nella lunga notte scandita da urla, ultimatum e minacce di veti che ha portato al parto salvo intese della legge di bilancio e del decreto fiscale, sono stati definiti schieramenti e alleanze della maggioranza giallorosé. E proprio sul provvedimento più importante di ogni governo. Da una parte il premier Giuseppe Conte, spalleggiato dal ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, Dario Franceschini e da Roberto Speranza di Leu. Dall'altra quello che al Nazareno, e perfino a palazzo Chigi, chiamano «fronte populista» o «bombe ad orologeria»: Luigi Di Maio e Matteo Renzi. Non a caso gli unici a non celebrare, ma a criticare annunciando rappresaglie in Parlamento, il varo dei due provvedimenti.
La battaglia si annuncia dura. Nelle sei ore del Consiglio dei ministri, terminato alle cinque del mattino, Conte ha posto una sorta di questione di fiducia. Determinato a siglare il «patto con gli italiani onesti contro l'evasione», tanto da scrivere un sms accorato a Gualtieri poche ore prima dell'inizio della resa dei conti («serve una rivoluzione, mi piacerebbe averti al mio fianco»), il premier è partito a testa bassa: «E' arrivato il momento di schierarsi dalla parte dei cittadini onesti. Mi rifiuto di pensare che qualcuno difenda gli evasori e l'iniquità sociale: bisogna costruire un progetto riformatore per premiare l'onestà e far pagare le tasse a tutti, per poi poterle ridurre».
LUIGI NEL MIRINO
Nel mirino di Conte c'era Di Maio, che nel pomeriggio aveva giudicato «sbagliato colpire artigiani e commercianti che si spezzano la schiena con il loro lavoro». E c'era Renzi, pronto a mettere in discussione, con la ministra Teresa Bellanova, il varo del decreto fiscale se il tetto all'uso delle spese in contanti fosse sceso a mille euro.
E' finita con una mediazione sul denaro cash e con il varo del bonus Befana da 3 miliardi nel 2021 per tutte le spese fatte con carta di credito o bancomat, nei settori a più alto rischio evasione. Ciò che aveva chiesto Conte e voleva il Pd, in particolare Gualtieri. «Per il ministro ci sono due grandi sacche di inefficienza: la spesa per interessi sul debito e 108 miliardi di evasione», spiegano al Mef, «una cifra che Gualtieri ritiene insostenibile, tanto più perché piuttosto che tagliare la spesa sociale o aumentare le tasse, è arrivato il momento di farle pagare a chi non le paga».
VINTI E VINCITORI
L'asse Conte-Pd non metterà però al riparo il governo e la maggioranza da nuove turbolenze. Il fatto che il decreto fiscale e la legge di bilancio siano stati approvati salvo intese, rivela che i prossimi giorni saranno di fuoco. Italia Viva già annuncia emendamenti su quota 100 e il tetto all'uso del contante. E, soprattutto, è già battaglia tra Pd e 5Stelle sul carcere agli evasori. Non solo, a sera Di Maio scrive su Fb: «Colpiamo i pesci grossi, chi ha portato i capitali all'estero e soprattutto serve il carcere per gli evasori. Per noi è un punto irrinunciabile. E non mi si venga a dire che il problema dell'economia italiana è di coloro che la tengono in piedi e faticano ad arrivare a fine mese: idraulici, parrucchieri, commercianti etc». Segue minaccia: «Sarà il Parlamento a dire l'ultima parola».
Insomma, guerra è stata e guerra sarà. Renzi è riuscito a stoppare l'aumento dell'Iva insieme a Di Maio, ma ha dovuto ingoiare l'abbassamento a mille euro (anche se in tre anni) dei pagamenti in contante. E soprattutto non è riuscito a cancellare quota 100.
Contro la misura voluta da Matteo Salvini hanno provato a dare battaglia, per rastrellare 500 milioni ritardando le finestre d'uscita, anche Franceschini e Gualtieri. Come Di Maio ha tentato di tagliare il cuneo fiscale a favore delle aziende (per poi ottenere in cambio il sì delle imprese al salario minimo), andando a sbattere contro il muro alzato dal Pd e da Leu. Ed è finita con uno scambio: il Pd ha rinunciato a modificare quota 100 e i 5Stelle hanno messo nel cassetto il taglio delle tasse per le imprese.
Di tutti si può definire il varo del fondo per le famiglie con 600 milioni aggiuntivi che nei prossimi mesi porterà all'assegno unico per i figli. Mentre porta l'impronta del ministro della Salute, Speranza, la cancellazione totale del super-ticket dal primo settembre, i 2,5 miliardi in più per il Fondo sanitario nazionale e altri 2 miliardi per il piano pluriennale di edilizia sanitaria. «Una svolta sociale», festeggia Speranza.
Alberto Gentili
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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