IL FOCUS
ROMA Valanga Johnson, valanga Brexit, addio Europa. Disfatta per il

Venerdì 13 Dicembre 2019
IL FOCUS
ROMA Valanga Johnson, valanga Brexit, addio Europa. Disfatta per il Laburisti e per la ricetta dalle sfumature socialiste di Corbyn. Gli exit poll parlano di una larghissima maggioranza per i Tories con 368 seggi sui 191 dei Labour. In altri termini conservatori guadagnano 51 posti, il partito laburista ne perde 71. Il primo ministro uscente conta su un risultato ben al di sopra all'asticella dei 326 seggi necessari per controllare la Camera dei Comuni e può premere il piede sull'acceleratore verso l'uscita dall'Unione europea. Si tratta della più vasta maggioranza dei Tories dal 1987. Detta in altri termini: Boris Johnson ha vinto la sua scommessa: viste le difficoltà di condurre la nave della Brexit in porto, senza una solida maggioranza in Parlamento, ha optato per le elezioni anticipate e i risultati gli hanno dato ragione. Di riflesso, le posizioni poco chiare di Corbyn su Brexit, unite al suo scarso carisma e a un posizionamento troppo a sinistra, sono state punite dall'elettorato. Lo Scottish National Party è stato accreditato a quota 55 seggi (più 20), un seggio ai Verdi, il Brexit Party di Nigel Farage non otterrebbe alcun seggio. Altri 22 seggi andrebbero a formazioni minori. Sintesi: Johnson il 31 gennaio potrà sfruttare il gigantesco margine parlamentare per completare la Brexit e approvare la legislazione necessaria, il Withdrawal Agreement Bill, dunque nei tempi stabiliti per l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea.
TRIONFO
La conferma del successo di Boris arriva alle 23, ora italiana, quando con puntualità britannica sono usciti i primi exit poll e si è capito che sarebbe stata la notte del trionfo dell'ex sindaco di Londra. La festa dei Conservatori è cominciata subito, perché in passato, le rilevazioni diffuse alla chiusura delle urne, avevano sempre dimostrato una discreta attendibilità, sia pure all'interno del peculiare sistema elettorale del Regno Unito, l'ormai noto first-past-the-post, con cui viene eletto chi vince in ciascuno dei 650 collegi uninominali (constituencies). Il punto di partenza era quello dei sondaggi, con i Conservatori previsti ampiamente avanti al 41 per cento, cinque punti in più dei Laburisti. Ma aveva una valenza limitata, perché poi conta quanti parlamentari realmente vengono assegnati a ogni partito. Bene, il rischio di ritrovarsi nel limbo dell'hung parliament, senza una maggioranza in grado di governare, era alto, secondo le ultime rilevazioni. Ma gli exit poll hanno spazzato via tutti i dubbi e chiarito quale sarà il futuro di un Paese chiamato alle elezioni per la terza volta in quattro anni con ritmi più che italiani, quasi spagnoli.
I NODI
In gioco non c'era la semplice sfida tra il programma conservatore di Boris Johnson e la ricetta dei Laburisti di Jeremy Corbyn, molto a sinistra, con proposte anche estreme come la nazionalizzazione di servizio postale, energia elettrica, gas e acqua. No, la chiave di tutto era Brexit: Corbyn ha sempre mantenuto posizioni prudenti se non ambigue, ma una larga vittoria di Boris Johnson rappresentava un lasciapassare per un'uscita ad ogni costo dall'Unione europea. La grande attesa per l'esito di queste elezioni ha avuto come effetto la partecipazione, l'affluenza, le chilometriche code fin dalla prima mattinata, riprese e rilanciate da tutte le televisioni britanniche. Allo stesso tempo, sono stati aumentati i servizi di sicurezza e controllo ai seggi, poiché la polizia ha registrato oltre 200 denunce di minacce online contro candidati e gruppi politici. Dettagli, ciò che conta è la valanga Brexit della sera.
Mauro Evangelisti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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