IL CASO
ROMA «Per ora no», «Arriverà presto» e «È

Giovedì 1 Ottobre 2020
IL CASO
ROMA «Per ora no», «Arriverà presto» e «È indispensabile». La proroga dello stato di emergenza in scadenza il prossimo 15 di ottobre continua a tenere banco e, nelle prime valutazioni, spacca anche le diverse anime dell'esecutivo. Dietro di loro però, a premere, c'è sempre il Comitato Tecnico Scientifico che invece la reputa «indispensabile».
Consapevoli che senza proroga dello stato d'emergenza anche il loro ruolo decadrebbe, i tecnici da giorni ribadiscono «sarebbe una follia non prorogare almeno fino al 31 dicembre». Ma sono tranquilli: «Bisogna attendere e valutare, ma arriverà». Inoltre, come avvisa il capo del Cts Agostino Miozzo: «La decisione sarà presa sulla base dei dati ma c'è da aspettare soprattutto l'effetto della riapertura delle scuole».
Per il momento però, nonostante i focolai siano sotto controllo, al pari dei numeri, il trend dei contagi in crescita, sembrerebbe dare ragione al Comitato. «Vede - confida uno dei componenti del Cts - l'ultima proroga c'è stata a fine luglio quando la curva dei contagi era migliore di ora. Noi predichiamo prudenza e misure rigide da sempre. Per quale motivo adesso dovremmo pensarla diversamente?» Una linea, questa del paragone tra la situazione attuale e quella estiva, che ha sposato anche il ministro Roberto Speranza. «Faremo una valutazione - ha dichiarato gettando acqua sul fuoco qualche giorno fa a Carta Bianca, su Rai 3 - e come sempre ci confronteremo con il Parlamento perché questo deve avvenire in una democrazia parlamentare come la nostra. Però io sono per mantenere ancora la linea della massima prudenza».
GOVERNO
D'altronde che la linea governativa fosse quella che porta ad una proroga tout court dello status non è mai stato messo davvero in dubbio. Allo studio, al limite, delle formule per ammorbidire l'opposizione che già prima della proroga del 29 luglio aveva fatto le barricate parlando di Parlamento esautorato delle proprie funzioni. Così sul tavolo sono finite l'ipotesi della proroga spezzatino, che punta a spacchettare singole ordinanze e provvedimenti per limitare le polemiche, e quella della mini-proroga che estremizza l'attendismo di una certa parte del governo.
L'idea è quella di prolungare lo stato attuale delle cose, sempre dopo aver dato un'occhiata ai numeri, ma solo per quindici giorni oppure per un mese. Giusto il tempo di dare al Commissario speciale per l'emergenza Domenico Arcuri il tempo di fare abbastanza acquisti di kit diagnostici (anche quelli rapidi, appena sdoganati proprio dal Cts) o di completare la partita relativa ai tanto discussi banchi scolastici monoposto.
IPOTESI
Opzioni meno radicali che però continuano a far dubitare chi avrà tra due settimane l'ultima parola sulla decisione. Nel ministero della Salute infatti, si racconta di due anime piuttosto divise. Alla prudenza di Speranza fanno eco le posizioni di chi, ai vertici, sostiene «le Regioni stanno già inasprendo» (alludendo alla stretta entrata in vigore ieri in Campania e Sicilia) «se servirà lo faremo anche noi, comunque ad imporre lo stato di emergenza ci si mette pochissimo».
A frenare c'è invece, il viceministro Pierpaolo Sileri. «Su una proroga dello stato di emergenza al momento direi di no» ha detto ai microfoni del programma tv Agorà ieri. «È chiaro che valuteremo anche l'andamento nei prossimi giorni dell'epidemia - ha però sottolineato Sileri - così come lo è che se dovessimo avere 4 volte i numeri di oggi, le cose potrebbero cambiare. Ma non è questo il caso, né credo avremo questo incremento in pochi giorni». Tutti però, ovviamente, si augurano che stavolta abbia ragione.
Francesco Malfetano
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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