Alberto Scotti è il padre del Modulo Sperimentale Elettromeccanico, il Mose,

Sabato 11 Luglio 2020
Alberto Scotti è il padre del Modulo Sperimentale Elettromeccanico, il Mose, l'opera ingegneristica sollevata ieri per la prima volta e destinata a salvare Venezia dall'acqua alta. Settantatré anni, ingegnere marittimo milanese, Scotti dall'87 al 2009 è stato anche direttore del progetto. Ieri era a Venezia.
Cos'ha provato a vedere tutte le 78 paratoie sollevate in contemporanea?
«Pensavo di essere freddo a sufficienza ma vedendole davanti mi sono passati di colpo 33 anni di fatica, impegni, notti insonni che hanno accompagnato questo lavoro. Fa una certa impressione».
Ingegnere, funzionerà?
«Certo che funzionerà, con tutte le volte che lo abbiamo alzato, abbiamo capito quali sono le particolarità dell'opera. Si tratta di mettere a misura i tempi di sollevamento e abbassamento ancora troppo lunghi. Ma è la differenza che manca tra l'oggi e il 2021».
A pieno regime, quanto ci vorrà a sollevarle?
«Mezz'ora. Oggi (ieri, ndr) si è alzato in un'ora e mezza. Lo steso vale per la discesa. Bisogna imparare a usarlo, è un impianto complicato, mancano dei completamenti e dei collaudi».
Sarà pronto nel 2021?
«È un impegno che abbiamo preso ed è un tempo adeguato. I programmi sono questi e stiamo lavorando come da programma».
Si parla di poterlo alzare già in autunno: è possibile?
«Sì, vogliamo essere pronti a partire da ottobre a evitare catastrofi come l'anno scorso. C'è una procedura per affrontare casi del genere prima della fine dell'impianto, inizieremo a discutere settimana prossima di un piano da attuare pur senza completamento. È un impegno perché dovremo coinvolgere altri enti e serve un'intesa tra le parti simile a quella che ci sarà quando il Mose sarà a regime».
Come funzionerà questo piano straordinario?
«Verranno alzate tutte assieme, non ha senso altrimenti. Il 12 novembre è stato un evento particolare ma a posteriori abbiamo applicato dei modelli che ci hanno detto che con il Mose in funzione saremmo stati in grado di proteggere Venezia. Avremmo avuto 110 centimetri a punta della Salute: la quota target del progetto».
Cosa manca per consegnare l'opera?
«La formazione del personale, poi il passaggio da un funzionamento semi-automatico come ora, a uno automatico. Mancano tutti i collaudi e gli impianti ausiliari».
Quante volte si alzerà?
«Mediamente sei volte all'anno poi dipende dall'annata».
Un'opera ingegneristica che porta con sé proteste. Lei cosa replica?
«In giro per il mondo è un'opera considerata molto innovativa perché progettata avendo in mente ambiente e difesa dall'allagamento. È un'opera che quando non è in funzione non si vede: non c'è e non cambia nulla. Quando è in funzione abbiamo verificato che anche in chiusure prolungate la laguna si riequilibra da sola nell'arco di due cicli di marea. È un argomento che si presta alle critiche ma nella sostanza l'impatto è nullo».
Ieri c'è stato un ritardo nel sollevamento a Malamocco, che è successo?
«Nulla, un malinteso sull'ora di partenza dell'operazione».
E la sabbia nelle paratoie di Treporti?
«È un problema previsto: esiste un sistema per rimuoverla dai cassoni ma la macchina non è pronta. Una prima versione sperimentale dovrebbe essere in funzione a settembre. Finché non c'è, è dura togliere la sabbia, ma le paratoie sono rimaste sollevate di due gradi: impatto mediatico»
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Nicola Munaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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