Con Fontana alla Camera la Lega veneta resta senza ministri

In ballo solo un paio di posti per sottosegretari e presidenze

Giovedì 20 Ottobre 2022 di Alda Vanzan
Lorenzo Fontana
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VERONA -  Giusto una settimana fa Matteo Salvini sacrificava Riccardo Molinari e per la terza carica dello Stato sceglieva il veronese Lorenzo Fontana. Quello che non si sapeva è che a chiedere quella sostituzione per la presidenza della Camera dei deputati sarebbero stati i leghisti veneti. È quanto si racconta in queste ore cruciali per la formazione del nuovo Governo. Solo che i leghisti veneti, o quantomeno non quelli del cerchio magico del segretario federale, non solo non sapevano nulla, ma, anzi, se avessero potuto dare un consiglio si sarebbero ben guardati dal suggerire il nome di Fontana, ben sapendo che una volta portato a casa il più altro scranno di Montecitorio non ci sarebbe stato altro. Zero ministeri. Forse un sottosegretario. Magari una presidenza di commissione. Ma nulla di più. Che è esattamente quello che si sta profilando.
E così che nella Lega-Liga veneta il malessere aumenta. Una tensione che parte da lontano e che riguarda la gestione del partito, con il continuo ricorso al commissariamento e i congressi, in particolare quelli provinciali e ancor più quello regionale, di volta in volta rinviati. Poi la scoperta che, se mai si andrà al voto, i consiglieri e gli assessori regionali non potranno candidarsi alla carica di segretario regionale. In mezzo a tutto questo le candidature alla Camera e al Senato decise in via Bellerio senza nessun coinvolgimento del territorio e il disastro elettorale, con Fratelli d'Italia che in Veneto ha fatto il miglior risultato nazionale più che raddoppiando la Lega (32,5% contro il 14,5%). E adesso il Governo.

Con la prospettiva di non avere rappresentanti in nessun ministero e di continuare a vedere con il binocolo l'agognata autonomia.


I PRECEDENTI
Dopo le elezioni del 2018, con la formazione del primo Governo Conte, la Lega-Liga veneta aveva avuto due ministri - Erika Stefani agli Affari regionali e autonomie; Lorenzo Fontana prima alla Famiglia e disabilità, successivamente agli Affari europei - e tre sottosegretari: il padovano Massimo Bitonci, il trevigiano Franco Manzato, il veronese Luca Coletto. Nel Governo Conte II la Lega era all'opposizione. Nel Governo Draghi la rappresentanza leghista veneta si è limitata a Erika Stefani, di nuovo ministro ma stavolta alla Disabilità. Ecco, con il Governo Meloni, secondo quanto si prospetta, si scenderà a zero.
È una questione di numeri. Ma anche di scelte politiche. Al netto delle conseguenze delle esternazioni di Silvio Berlusconi, nel prossimo Governo a Forza Italia dovrebbero toccare 4-5 ministri e alla Lega 5. Restando nel Carroccio, il primo è Salvini (Infrastrutture, anche se vorrebbe tornare al Viminale), il secondo Giancarlo Giorgetti (Economia e Finanze), poi Gian Marco Centinaio (Politiche Agricole) e Roberto Calderoli (Affari regionali e autonomie), mentre per gli Interni si parla di un tecnico comunque in quota leghista (forse Matteo Piantedosi, già capo di gabinetto quando al Viminale c'era Salvini). Caselle tutte riempite. E i veneti? I veneti hanno Fontana alla presidenza della Camera. Che è sicuramente una carica prestigiosa, ma che sul territorio incide poco. L'esempio cui ricorrono i leghisti è quello di Maria Elisabetta Alberti Casellati quand'era presidente del Senato, cioè fino all'altro giorno: «Ruolo di tutto rilievo, ma ai fini partitici e politici meglio un ministero».
Ecco perché la scelta di Salvini di mettere un veneto (tra l'altro un suo fedelissimo amico, attuale vicesegretario federale) a Montecitorio ha creato più malessere che entusiasmo. Anche perché gli alleati una rappresentanza ce l'avranno: Fratelli d'Italia con Carlo Nordio (alla Giustizia) e Forza Italia con Elisabetta Casellati (alle Riforme). E qui si apre un altro capitolo: con due ministeri distinti - Riforme da una parte (per il presidenzialismo) e Autonomia dall'altra - siamo sicuri che il processo autonomistico sarà accelerato e non invece destinato a impantanarsi ulteriormente?


IL TOTONOMI
Tant'è, un totonomi nella Lega c'è comunque ed è quello per i sottosegretari e le presidenze di commissione. In pole position - in questo esatto ordine - Mara Bizzotto, Massimo Bitonci (ma non al Mef ché c'è già Giorgetti), Andrea Ostellari. E la ministra uscente Erika Stefani? Parlano di una possibile vicepresidenza al Senato. Ecco.
 

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