VENEZIA - Quell’icona in ospedale non l’hanno voluta i preti o la diocesi e comunque non fa male a nessuno. Anche perché non è un’opera come tante, essendo stata realizzata da un’associazione osteggiata dal presidente russo Wladimir Putin, per cui ricollegarla al tema dell’interruzione di gravidanza vuol dire strumentalizzarla. Così Patriarcato e Ulss 3 Serenissima intervengono all’indomani dello scoppio della polemica sull’immagine della sacra famiglia che l’azienda sanitaria ha collocato prima nel presepe dell’ospedale Civile di Venezia e poi, passate le feste, a turno in alcuni reparti che hanno richiesto di ospitarla per qualche giorno: dopo Radioterapia e Cardiologia, tocca ora a Ginecologia, circostanza che ha portato la Cgil e il Pd ad accusare l’Ulss di dare un velato messaggio antiabortista. “Siano rispettati i diritti delle donne”, la critica giunta da sinistra.
LA DIFESA
Ieri, per essere precisi, il Patriarcato ha lasciato che a parlare sia la Cappellania dell’ospedale: “Registriamo con stupore le reazioni suscitate in questi giorni dall’iniziativa, peraltro non nata da noi o da altra realtà diocesana”, è stato spiegato prima di difendere l’iniziativa: “L’immagine in questione è tutto fuorché divisiva e anzi il suo significato, umano e religioso, richiama all’amore, alla cura e all’accoglienza reciproca, ossia a quei valori universali, e così preziosi, che dovrebbero accomunare tutti, specialmente in un luogo particolare quale è l’ospedale. L’immagine stessa, quindi, non possiede alcuna valenza di contrapposizione o di battaglia “ideologica”, né può essere o va utilizzata per riferimenti altri o polemiche strumentali sull’aborto, sul rispetto delle donne ecc”. Dal canto suo l’Ulss 3 ha rotto il silenzio delle prime ore e in una nota ha spiegato: “L’opera, contemporanea, è stata realizzata da “Russia Cristiana”, fondazione italiana nel mirino del governo Putin. Strumentale risulta, così, il tentativo di associare la presenza del dipinto nel reparto di Ginecologia al tema dell’Interruzione volontaria della gravidanza, che nell’ospedale di Venezia si pratica secondo le norme di legge, e senza vincoli legati alla disponibilità di medici”. L’azienda sanitaria ricorda che distribuiti nei propri ospedali ci sono otto medici non obiettori all’ivg, uno a Mestre, due a Venezia, due a Chioggia e tre tra Mirano e Dolo, “e in nessuno dei presidi si sono verificate difficoltà per garantirla alle donne che la richiedono”. La vicenda fa discutere anche a livello politico. Alle accuse del segretario della Cgil Daniele Giordano e della capogruppo del Pd Monica Sambo, risponde l’assessore alla Coesione sociale Simone Venturini: “Polemiche di basso profilo montate ad arte su un non problema.
LE CRITICHE
Messaggi contrari, invece, arrivano da Giovanni Andrea Martini e Sara Visman, consiglieri comunali di Tutta la Città insieme e Cinquestelle. “Condanniamo – afferma Martini – l’ostentazione di immagini sacre in luoghi non consoni come l’ospedale. Occorre avere rispetto per chi crede e chi non crede, e per chi esercita un proprio diritto, anche se può non essere condiviso. Chiediamo alla Chiesa locale di pronunciarsi perché processioni autogestite e in un luogo così delicato sembrano quanto meno inopportune. Stigmatizziamo questa ricorrente volontà di teatralizzare e strumentalizzare una cosa così importante e intima come la fede”. Mentre Visman dichiara: “L’Italia è una Repubblica laica e aconfessionale, i simboli religiosi non vanno usati impropriamente dentro le strutture pubbliche. In luoghi così intimi e particolarmente sensibili come quelli di un reparto ospedaliero, l’ostensione di figure sacre, tra l’altro di una singola confessione religiosa, inevitabilmente veicolano messaggi univoci che possono influenzare le persone e metterle a disagio. I reparti degli ospedali non sono sale di musei d’arte, ma luoghi di cura dove non ci si reca per fare fioretti o ex voto, ma per i motivi che spesso portano con sé anche molte sofferenze. Ci auguriamo che l’icona, per quanto di pregevole fattura, venga trasferita dal reparto a una più congrua collocazione e che l’episodio rimanga nell’alveo di una improvvida decisione”.