Fulvio Roiter, gli "occhi" che sapevano raccontare Venezia

Lunedì 27 Luglio 2020 di Alberto Toso Fei
Fulvio Roiter visto da Matteo Bergamelli
Fulvio Roiter (1926-2016) fotografo 

Fu un abilissimo interprete della naturale bellezza di Venezia, che fece conoscere sotto una luce diversa attraverso la cura del suo occhio e della sua fedele Leica, e che esplose nel 1977 con la pubblicazione di uno dei suoi libri più celebrati, “Essere Venezia”. Fulvio Roiter ha legato per sempre il suo nome alla città, ed è quasi impossibile fare una ricerca per immagini su Venezia senza che non compaia tra i risultati anche qualche suo scatto. Eppure, curiosamente, per questo perito chimico mancato nato a Meolo – nel veneziano – il primo novembre 1926, il battesimo con la fotografia d'autore (l'amore della sua vita assieme a quello per la fotoreporter belga Louise Embo, dalla quale ebbe le figlie Jessica – che oggi presiede una fondazione dedicata al padre – e Evelyn) avvenne nella Sicilia dei paesini e delle miniere, delle campagne e del barocco, in un'estate del 1953.

Si occupava già di fotografia da diverso tempo e aveva aderito fin dal 1949 al circolo fotografico veneziano “La Gondola” fondato dall’amico Paolo Monti, e quell'anno partì per il viaggio fotografico siciliano molto in crisi: doveva decidere se perseguire sulla strada della pellicola o cercare un posto sicuro e remunerativo in qualche azienda di Porto Marghera, come il padre lo spingeva a fare. Spedì gli scatti siciliani alla rivista “Camera”, che li pubblicò nel gennaio 1954 segnando il suo debutto sulla scena internazionale; il primo di una lunga serie di reportage in giro per mondo, che fece anche da preludio al primo libro (furono un centinaio alla fine), “Venise a fleur d'eau”, sul quale esiste un aneddoto curioso: fu infatti il direttore della casa editrice svizzera “Guilde du Livre” a proporgli la pubblicazione, ammirato dagli scatti di Sicilia.

“Hai fatto delle foto meravigliose laggiù – gli disse nel corso di un incontro – e devo ritenere che tu abbia da parte molti scatti sulla tua città, Venezia”. “Come no – fu l'immediata risposta di Roiter –; ne ho un armadio pieno”. Ma la verità è che non ne aveva nemmeno uno. “Perfetto – fu l'uscita successiva dell'editore – fra tre mesi sarò in Italia per lavoro, potremo iniziare a selezionarne alcuni”. Roiter trascorse le settimane successive a fotografare quotidianamente, arrivando a dormire sui treni per perdere meno tempo nei trasferimenti con Meolo. E il libro fu un successo. La scelta era compiuta: avrebbe fatto solo il fotografo nella sua vita. Eppure la consacrazione arrivò ancora con un'opera non veneziana, “Umbria. Terra di San Francesco”, del 1956, col quale vinse la seconda edizione del Premio francese Nadar che ritenne l'opera di Roiter il più bel libro nel panorama mondiale della editoria fotografica di quell'anno, in cui concorrevano celebri fotografi con opere a colori. Il volume del veneziano era completamente in bianco e nero. Una forza e una ricercatezza nel contrasto che partiva dalla sua formazione alla scuola della fotografia neorealista, ma che si arricchiva di un tocco poetico del tutto personale e di una esaltazione dei luoghi e dei particolari di ogni scena.

Fulvio Roiter riuscì a trasferire la stessa originalità e lo stesso tocco inconfondibile nell'uso del colore. Ma aveva anche le idee molto chiare su come le sue fotografie dovessero essere presentate. Nel 1977 lasciò Mondadori facendosi dare del pazzo perché voleva pubblicare “Essere Venezia” in orizzontale in un mondo di libri allora tutti in verticale (“Chi lo riceverà in regalo dovrà pensare di ricevere una scatola di cioccolatini”, disse); trovò ascolto nella casa editrice “Magnus” di Udine, e fu una apoteosi. Ancora oggi “Essere Venezia” è il libro fotografico mono-autore più venduto al mondo. Roiter aveva uno stile ricercato e un rigore che nascevano da una disciplina professionale ferrea, che precedeva e si sommava a una indubbia sensibilità: si documentava molto, con lunghe letture, sui luoghi – le città o i paesi – che si apprestava a visitare col suo sguardo, per aver modo di cogliere già prima del viaggio le atmosfere che avrebbe trovato.

Fulvio Roiter è morto il 18 aprile 2016 a Venezia, lasciandoci in eredità la capacità di vedere con occhi sempre nuovi ciò che l'abitudine distrugge.
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