Cristoforo Sabbadino, ingegnere idraulico geniale: nel '500 il primo "piano regolatore" della città

Mercoledì 10 Febbraio 2021 di Alberto Toso Fei
Cristoforo Sabbadino ritratto da Matteo Bergamelli

Cristoforo Sabbadino (1487-1560) ingegnere

Se Venezia ha continuato a rimanere nei secoli la città “che ha per mura l'acqua e per tetto il cielo” lo si deve a lui, che teorizzò la deviazione dei fiumi per salvaguardare la laguna e difendere Venezia da un possibile interramento (ipotesi condivisa con un suo contemporaneo, Alvise Corner, col quale per il resto vi fu una accesa divergenza di idee), idea che fu alla fine messa in pratica. Ma Cristoforo Sabbadino – che è ritenuto uno dei più grandi ingegneri idraulici della storia – non si limitò a questo: in un momento nel quale lo stesso Corner, pur promuovendo la deviazione del Brenta, propose anche di chiudere due delle tre bocche di porto e circondare la città di alte mura, ritenne di dover ragionare invece nella direzione contraria, allargando la città e dotandola di vaste rive lungo il suo perimetro, iniziativa che fu parzialmente assunta dopo la sua morte con la costituzione – tra le altre – delle Fondamente Nove.

Un piano regolatore “ante litteram”, con una visione unitaria della città, che costituisce il più rilevante degli atti pianificatori del Rinascimento veneto e che ci ha regalato in buona parte Venezia nella sua attuale felicissima forma. Nacque a Venezia verso il 1487 a Santa Maria del Giglio (secondo altre versioni vide invece la luce un paio d'anni più tardi) da Paolo Sabbadino, che in quel momento era Soprastante alla polizia della laguna e che divenne successivamente Proto e ingegnere (eventualità che segnò il percorso del figlio). Della madre non si hanno notizie. Dopo aver trascorso l’infanzia a Venezia, Sabbadino giunse a Chioggia tredicenne – città d'origine della famiglia e della quale si considerò sempre cittadino – e pur essendo allevato “tra marinai e pescatori” (come raccontò più volte lui stesso) frequentò quasi certamente la scuola di grammatica ed ebbe in seguito contatti con i maggiori esponenti della cultura umanistica locale.

Ebbe una figlia, Clodia. Le prime notizie di una sua attività pubblica risalgono al 1513, quando compare in veste di avvocato alle Curie, una dignità conferita dal Maggior Consiglio clodiense.

Quattro anni più tardi diventò Soprastante agli argini delle Vigne, incarico che prevedeva la protezione delle coltivazioni e la difesa dell’area costiera. Fu anche notaio, ma la svolta nella sua vita avvenne nel 1542, quando fu nominato Proto e Ingegnere alle Acque della Serenissima, carica con la quale si occupò di diverse questioni legate alla gestione dei fiumi e della laguna. Tutto era iniziato nel 1533, quando aveva fatto parte di una commissione incaricata di studiare gli effetti del progetto di deviare le acque del Brenta da Malamocco alla laguna di Chioggia.

L’anno successivo riferì alla Signoria le gravi conseguenze che Chioggia avrebbe patito da tale azione idraulica, e da quel momento in poi la sua carriera fu in continua ascesa, complici ovviamente le sue grandi capacità: Custode e Soprastante alla fortezza del porto di Chioggia (nel 1538-39) e poi Proto e Ingegnere alle Acque, dal 15 dicembre 1542, carica che mantenne fino alla morte, avvenuta a Venezia il 3 marzo 1560. In poco tempo divenne la massima personalità dell'ingegneria idraulica della Serenissima, e dell'intero Cinquecento. Cristoforo Sabbadino ebbe infatti un approccio unitario ai problemi che presentava la laguna, non soffermandosi a interventi e analisi occasionali ma affrontando ogni questione sulla base di modelli interpretativi di macrosistema, che non riguardavano la sola azione della natura ma anche l'intervento dell'uomo. Venezia e la laguna avevano più “nemici”, insomma: “li fiumi, il mare e gli homeni”. E la vera rivoluzione della sua azione consistette nell'aver compreso l’interdipendenza di problemi di natura diversa, e nell'aver proposto interventi coerenti e coordinati. La deviazione dei fiumi e il grande equilibrio con il ricambio delle acque del mare furono il suo capolavoro. Trattò la natura come un corpo vivo, conservando una visione generale che prevedeva il rispetto e la conoscenza dell'ambiente con la possibilità di intervenirvi tecnologicamente: “fa bisogno con arte dar aiuto alla natura”, scriveva. Assieme a molte sue opere, materiali archivistici di interesse biografico sono conservati presso l’Archivio comunale e la Biblioteca civica di Chioggia, che porta il suo nome.

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