Giovanni Diacono, il diplomatico-capellano autore della prima Cronaca di Venezia

Lunedì 24 Maggio 2021
Giovanni Diacono ritratto da Matteo Bergamelli

Giovanni Diacono (940/945-1018)

storico e diplomatico

Fu con tutta probabilità l'autore del “Chronicon Venetum”, la più antica opera di storiografia veneziana conosciuta, scritta poco dopo l'anno Mille. Una autorialità desumibile dal fatto che lo scritto contiene alcune notizie biografiche che riconducono a lui. E lui, Giovanni Diacono (conosciuto anche come Giovanni da Venezia), fu cappellano del doge Pietro II Orseolo e ambasciatore per la Repubblica presso Ottone III durante il terzo viaggio in Italia dell'imperatore.

Proprio dalla Cronaca si evince come fu proprio Ottone a chiedere al “diacono Giovanni” di comunicare al doge la sua intenzione di incontrarlo segretamente, e di come fu organizzato un viaggio via nave dopo l'incontro di Giovanni con l'imperatore all'abbazia di Pomposa. È proprio la descrizione dettagliata di questi avvenimenti, avvenuti attorno al 995 (che poteva essere fatta in quel modo solo da chi conosceva i fatti e li aveva vissuti direttamente), a far ritenere che l'autore dell'opera sia lo stesso co-protagonista.

Giovanni Diacono sarebbe nato tra il 940 e il 945, e avrebbe avuto dunque una cinquantina d'anni al momento di questi accadimenti.

Che fosse comunque un uomo maturo (al di là della delicatezza dell'incarico, difficilmente affidabile a un giovane) è ipotizzabile dal fatto che il suo nome compare tra quelli degli emissari di un altro doge, Pietro IV Candiano, nel 967; un fatto curioso, dal momento che i Candiano e gli Orseolo, dei quali si mise al servizio più tardi, erano avversari; il racconto contenuto nella Cronaca riguarda però la sollevazione che portò all'uccisione del doge Orseolo a causa del suo malgoverno (fatto peraltro descritto con molta precisione), ed è dunque plausibile che Giovanni Diacono abbia fatto parte di quel gruppo di veneziani che – scontenti dell'operato del doge – cospirarono per la sua rimozione per passare poi alla parte avversa. All'epoca di questi fatti – a partire dai quali il “Chronicon Venetum” si fa molto più preciso, indice che chi lo ha scritto probabilmente li aveva anche vissuti – Giovanni era quasi certamente tra suoi i venti e i trent'anni.

La cronaca descrive diversi fatti di sangue particolarmente efferati (non certo rari all'epoca, specialmente per la lotta per il potere) in maniera poco distaccata, come se l'autore – che quasi certamente, come si è visto, doveva essere un uomo di Chiesa – provasse pietà per le vittime, in particolare quelle che erano state private di ogni possibilità di difendersi. Uguale dispiacere traspare per i fatti in sé, giudicati gravi, come se chi scrisse quelle parole – da veneziano – si dispiacesse per il sangue versato per la sua patria.

La Cronaca narra anche di fatti sovrannaturali, con uno sfondo fideistico: come quando, a ogni vittoria dei veneziani, viene sottolineato come essa sia avvenuta per volere di Dio; o come quando un angelo annuncia alla madre di Pietro Orseolo la nascita del figlio, così come un messaggero alato predice la morte di Ottone II, acerrimo nemico di Venezia. Benché non sia una opera imparziale, il “Chronicon Venetum” è abbastanza oggettivo nel descrivere i fatti storici che racconta e i protagonisti che li vissero, nel bene e nel male. Certo la narrazione ha una predilezione per Pietro II Orseolo, considerato come il miglior doge che Venezia aveva avuto fino a quel momento.

Sicuramente il suo dogado era avvenuto in un momento di apice della potenza militare, politica, economica e diplomatica della Venezia dell'alto Medioevo, al punto da porla, dopo il lungo cammino di affrancamento dal controllo bizantino e la distanza sempre mantenuta da quello dell'Impero d'Occidente, alla pari di tutti i maggiori Stati dell'epoca. La Cronaca si interrompe bruscamente, al punto da non descrivere nemmeno la morte del doge, nel 1009. Ciò però può essere avvenuto per una scelta precisa di Giovanni Diacono, poiché si hanno sue notizie anche dopo quell'anno, fino al 1018, quando doveva avere più o meno settantacinque anni ed era in missione presso Enrico II. Di lui non si conoscono però il luogo e la data della morte.

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