Rapporti omosessuali e amanti in canonica: in aula il grande accusatore dei preti veneziani

Sabato 14 Ottobre 2023 di Gianluca Amadori
Processo a Venezia il caso del corvo (foto d'archivio)

VENEZIA - «Tutti i fatti raccontati in quei volantini, firmati "FraTino", sono veri».
Lo ha dichiarato ieri pomeriggio Alessandro Tamborini, il parrocchiano di San Moisè e grande accusatore di don Massimiliano D'Antiga, nel corso della testimonianza resa al processo al cosiddetto "corvo" della Curia veneziana, che vede sul banco degli imputati per diffamazione il manager milanese Enrico Di Giorgi, 76 anni, già dipendente della Montedison di Marghera, e Gianluca Buoninconti, 55 anni, tecnico informatico di Milano, accusati di essere gli autori dei numerosi volantini, affissi nel centro storico veneziani tra gennaio e agosto del 2019, che narravano storie di prelati arraffoni e interessati al sesso, con un patriarca se non connivente, quantomeno intenzionato a chiudere un occhio.

UDIENZA SURREALE
È stata un'udienza animata, con continue interruzioni e interventi delle difese. In apertura, per circa un'ora, infatti, Tamborini ha continuato a far riferimento al memoriale inviato al patriaraca Francesco Moraglia affinché prendesse provvedimenti, senza però indicare i nomi dei preti coinvolti e le "contestazioni" mosse loro, e senza spiegare chi fossero le fonti delle sue informazioni. «Udienza surreale, il teste continua a non rispondere», è esplosa ad un certo punto la pm Daniela Moroni. Mentre il difensore degli imputati continuava invano a sollecitare Tamborini a fornire dettagli e il giudice Stefano Manduzio ad attenersi agli episodi di cui ai capi d'imputazione.
Alla fine il teste ha fatto i nomi di una mezza dozzina di preti, riferendo di loro presunte frequentazioni omosessuali ed episodi di mercimonio. «Fatti risaputi, di cui tutti erano a conoscenza, anche in Curia», ha sostenuto Tamborini.

Ma poiché il concetto di risaputo non ha alcun valore in sede processuale, incalzato dalle ripetute richieste, il teste alla fine ha dichiarato di aver ricevuto conferma dei fatti di cui tutti parlavano da parte di don Roberto Donadoni. Il quale con molte probabilità sarà richiamato in aula, su richiesta della difesa, per confermare o smentire la circostanza.

AMANTE-BADANTE
Tra gli episodi riferiti da Tamborini, quello relativo ad un parroco che ogni weekend, per sei anni, avrebbe ospitato un uomo, da lui definito suo «concubino». Un sacerdote è stato definito «amante e badante» di un alto prelato. E ancora il teste ha raccontato di un parroco che usufruiva gratuitamente della spa di un grande albergo, nel quale un giorno fu trovato morto un ragazzo. Accostamento suggestivo, senza però l'indicazione di concreti elementi sulla correlazione tra i due fatti .
«Fin dal 2014 ho segnalato il comportamento di molti sacerdoti al patriarca, ma non è stato fatto nulla», ha ribadito Tamborini, spiegando di essere stato poi costretto a rivolgersi ai vertici romani della Chiesa, tra cui il Nunzio apostolico.
Nelle precedenti udienze del processo è comunque emerso che un parroco accusato di adescamento nei confronti di minorenni finì sotto inchiesta penale e fu spedito in convento, mentre D'Antiga è stato ridotto allo stato laicale a conclusione di un processo ecclesiastico. Ieri lo stesso Tamborini ha dichiarato che anche don Ettore Fornezza fu ad un certo punto trasferito, ricordando una furiosa lite avvenuta con il patriarca, nel dicembre del 2015, a Burano, nel corso di una processione .
Durante l'udienza sono stati letti i primi quattro volantini del "corvo" e Tamborini, per ciascun episodio citato, ha riferito ciò che era a sua conoscenza. In alcuni casi soltanto per sentito dire. La sua deposizione proseguirà il prossimo 17 novembre.
Uno dei legali di parte civile ha annunciato che chiederà alla Curia l'autorizzazione a produrre il memoriale di Tamborini per dimostrare che le segnalazioni inviate al patriarca erano del tutto generiche.
 

Ultimo aggiornamento: 15:34 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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