Plateatici, boom di tavoli e sedie nel centro storico di Venezia: «Ma serve più armonia»

Giovedì 1 Luglio 2021 di Angela Pederiva
Plateatici, boom di tavoli e sedie nel centro storico di Venezia

VENEZIA - Venezia era un pesce, ora è un plateatico. Un'immensa distesa di tavolini e seggioline, trespoli e sgabelli, ombrelloni e separè, che punteggiano i masegni da Cannaregio a San Marco, da San Polo a Castello, da Dorsoduro a Santa Croce. È così anche a Padova e Treviso, a Belluno e Rovigo: gli esercenti chiedono, i sindaci concedono, i clienti respirano.

Ma la tendenza post-Covid è particolarmente evidente qui, dove il tributo feudale per l'occupazione del suolo pubblico venne perfezionato dalla Serenissima Repubblica fino a fondersi linguisticamente con il concetto stesso dello spazio esterno, moltiplicando la presenza dei prolungamenti di caffè, bacari e perfino panetterie, ma anche riaccendendo il dibattito sul decoro di una città che cerca di tornare a vivere.


FRA CALLI E CAMPI
Sulla lavagna del BarCollo ai Tolentini, la scritta con i gessetti resiste dai tempi del lockdown: «Andrà tutto bene». Poco più avanti Giò e Ai Do Scaini si guardano e si sfidano, a colpi di «spritz, Prosecco, birra»: tutto a 2,50 euro, servito a cielo aperto. A due passi da San Rocco, un micro-tavolo spunta davanti alla vetrina del panificio Barozzi, su cui campeggia il cartello-slogan: «Distanti il giusto, uniti nel gusto». Al crocevia tra la calle del Scaleter e la Crosera, due tavolini della Dolce Vita si sommano agli altrettanti dell'Impronta Cafè, ma basta che si incrocino due carretti perché scatti il senso unico alternato. La pasticceria Tonolo è uno dei pochi esercizi che continuano a servire il caffè al banco, con una sola deroga per il bicchiere da asporto: «Così o altrimenti invadiamo tutta la calle, a meno che non pensiamo a un'altana...». In campo San Barnaba una squadra di Veritas raccoglie i sacchi dei residenti: «Con il porta a porta la città è più pulita, ma la riapertura di bar e ristoranti ha aumentato molto il nostro lavoro e il maleducato c'è sempre dietro l'angolo».
Anche la pasticceria Toletta si è attrezzata: ora il pan dei Dogi viene servito pure su due tavolini alti, buon per la ragazza che può fare colazione fuori con il cane. Sotto il ponte dell'Accademia sono accatastati gli arredi per il pranzo e la cena, in campo Santo Stefano l'insegna arancione annuncia una nuova apertura: «Aperol terrazza next opening». Le Caravelle, bar dell'hotel Saturnia, hanno 5 tavoli, ma calle XXII Marzo è larga di nome e di fatto, malgrado il ponteggio del cantiere sopra Tod's e il carico delle consegne alla galleria Contini. Non è il caso di calle Vallaresso, su cui si affaccia l'Harry's Bar: «Ma noi abbiamo l'aria condizionata...». Invece una dopo l'altra in Ruga Vechia San Giovanni si affastellano, con le loro pertinenze, la panetteria Farini, la caffetteria Goppion e l'osteria All'antico Dolo; un drappo alla finestra, sopra al Tris Bar con la sua terrazza, ci spera: «Venezia è viva».


IL SALOTTO
In piazza San Marco, dove il dehors è il salotto dei locali storici da almeno 300 anni, fra l'espresso a 5 euro dell'Aurora e il cappuccino a 11 del Lavena, risuona il pianoforte del Florian. Dice il direttore artistico Stefano Stipitivich: «Se c'è un città vocata ai plateatici da sempre, questa è Venezia. Quando venne inaugurato il caffè nel 1720, e ancora prima la bottega nel 1683, dentro c'erano solo due stanzette e la gente si ritrovava a bere fuori. E nel momento in cui la città insorse contro gli austriaci nel 1848, Daniele Manin salì su un tavolino della piazza per proclamare la Repubblica di San Marco. Ora capiamo benissimo qual è la situazione dal punto di vista economico e il plateatico è il male necessario. Bisognerebbe però trovare il giusto punto di mediazione fra rilancio e bellezza».


L'EQUILIBRIO
Il fenomeno travalica i confini della laguna, come rimarca Patrizio Bertin, presidente di Confcommercio Veneto: «La richiesta arriva dalla gente, che dopo le restrizioni ha voglia di vivere all'aperto, anche per ridurre il rischio di contagi. Dovremo pensare per il periodo autunnale e invernale come attrezzare i plateatici con verande e funghetti per riscaldarli, chiaramente nel rispetto dell'estetica». Alex dell'Ostaria al Garanghelo porta la sua testimonianza di resilienza alla pandemia: «L'anno scorso abbiamo avuto un calo del 70%, in questi primi sei mesi del 50%. Per 9 tavoli all'aperto paghiamo quasi mille euro di imposta. Ci è stato detto di allargarci di un metro, ma ci fermiamo a 80 centimetri, sennò finiamo addosso a Rizzo». E cioè all'ultracentenario negozio di caramelle, sull'altro lato della calle dei Boteri. «Qualche residente si lamenta, allora mettiamo tre sedie anziché quattro e chiediamo all'orafo di allargarci solo quando tiene chiuso», spiegano alla trattoria Ai Bari, sull'omonima lista Vechia. In campiello del Spezier occorre un doppio cordolo per proteggere l'ingresso a un palazzetto, stretto fra i plateatici di due esercizi. In salizada San Stae un solo locale conta una botte come credenza, due diversi tipi di tavolini e quattro differenti forme di sedie. Già rettore dello Iuav e ora presidente dell'Istituto regionale ville venete, Amerigo Restucci è perplesso: «Dopo oltre un anno di Covid, le attività economiche hanno giustamente bisogno di ripartire, ma con un po' di proporzione negli spazi. In una città ultramillenaria come Venezia, non possiamo perdere di vista cosa ci insegna storia, per esempio con gli sporti medievali: per non invadere la calle, i palazzi si allargavano solo dal secondo piano. Ecco, anche per i plateatici servono il buon gusto e la giusta armonia».

Ultimo aggiornamento: 08:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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