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Va in pensione Francesco, il vigile che fece l'autista per Papa Ratzinger

Nordest > Venezia
Lunedì 30 Novembre 2020 di Maurizio Dianese
Papa Benedetto XVI a San Marco nel 2011 sulla  papamobile con alla guida il vigile Francesco Martucci
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VENEZIA - C’è un solo uomo al mondo che, non essendo svizzero e senza aver mai indossato la divisa delle guardie private del pontefice, può dire di aver guidato la macchina del papa. Si chiama Francesco Martucci, è nato 62 anni fa a Recale in provincia di Caserta e il 31 dicembre va in pensione dal corpo dei vigili urbani di Venezia. Ma Francesco Martucci non è stato unico solo in questo, con lui se ne va in pensione lo “stampo” del vigile urbano dei vecchi tempi. Pensare che è arrivato alla polizia municipale per caso.
VIGILE PER CASO
«Mio papà faceva il guardiano dei fari e dopo Capo Palinuro, Porto Venere e Porto Ercole, era stato mandato agli Alberoni. Papà andava spesso a pescare in diga e così aveva fatto amicizia con il segretario generale del Comune, il prof. D’Ancona, che andava la mattina a passeggiare al mare. Probabile che mio papà si sia lamentato di questo figlio scapestrato che aveva una sola passione, quella per le motociclette e D’Ancona gli disse di farmi fare il concorso in polizia municipale. Lo so che vi viene in mente il film con Alberto Sordi, ma non mi dispiace, allora il vigile urbano era proprio quello».
E infatti c’è un episodio alla Sordi che è rimasto per sempre nella memoria di Martucci: «Ero in piazzale Roma a fare viabilità e una mattina succede un mezzo disastro perché c’è una veneziana di una certa età, avrà avuto novant’anni, che corre in bici in mezzo alle macchine rischiando di ammazzarsi. Sono talmente preoccupato che, invece di perdere tempo a prendere il fischietto che tenevo dentro il taschino della giacca, ho messo due dita in bocca. Non l’avessi mai fatto, mi è venuta vicino e mi ha detto “varda beo, che cussì se ciama solo le piegore, no i cristiani”. Io sono rimasto zitto ed ho imparato la lezione. Aveva ragione, ci vuol rispetto per il cittadino».
IL BRACCIO DESTRO
Una lezione che Martucci si è tirato dietro per tutta la vita assieme ad una innata capacità di risolvere i problemi prima che ingigantiscano. Una qualità che gli riconosce da sempre il capo della polizia municipale di Venezia, Marco Agostini, che infatti lo ha voluto al suo fianco come braccio destro e sinistro. «Con Francesco credo proprio che perdiamo lo stampo di un vigile con una capacità unica di intessere relazioni – spiega Agostini - È stato sempre lui nella storia a tenere i contatti con le altre forze dell’ordine e a trovare il modo di far lavorare assieme polizia, carabinieri, guardia di finanza e vigili. Del resto a Martucci nessuno può dire di no».
Nemmeno il generale Domenico Giani, comandante delle guardie svizzere e responsabile della sicurezza del pontefice il quale, nell’aprile del 2011, si sentì rivolgere una richiesta decisamente curiosa e cioè di far guidare la papamobile ad un uomo che non faceva parte del corpo scelto delle guardie svizzere. 
LA PAPAMOBILE
«È andata così – racconta Agostini - che a me è venuto in mente di allestire una macchinetta elettrica per Papa Ratzinger che doveva arrivare a Venezia in maggio. Sui masegni di piazza San Marco, infatti, non poteva certo correre la blindata del papa e così abbiamo fatto preparare una macchinetta elettrica di quelle per il golf. Una volta messa in campo l’auto, serviva un autista. L’autista ufficiale del papa ha detto che non se la sentiva né di guidare una macchina che non conosceva, né di farlo in un posto delicato e sconosciuto come piazza San Marco. E io ho proposto Francesco Martucci».
«Così mi sono trovato a fare i conti con la sicurezza dello stato del Vaticano. Mi hanno rivoltato come un calzino. Si sono informati su che tipo ero, se avevo malattie, se prendevo farmaci, se avevo avuto episodi di follia in casa, insomma alla fine dell’istruttoria di me ne sapevano più del sottoscritto. E giustamente dico io, metti che fossi un pazzo che prendeva la macchina col papa e cominciava a correre per le calli...».
Ma, una volta ottenuto il timbro di affidabilità, restava il problema dei problemi e cioè fare i conti con l’emozione di scarrozzare il papa. «E infatti non ho dormito per quattro notti di seguito, che ho passato a far la guardia alla papamobile, che doveva essere vigilata 24 ore su 24 e io non me la sentivo di affidarla ad altri».
Poi è arrivato il gran giorno. Sabato 7 maggio 2011, ore 18.30: papa Ratzinger sale sulla mini papa mobile. Alla guida Martucci, alla sua destra monsignor Georg Ganswein , dietro il Benedetto XVI e il cardinale Angelo Scola. Tutto fila liscio. «Ma ero una corda di violino, ve lo potete immaginare. Infatti non ho dormito nemmeno per i quattro giorni successivi».
Più vigile di così, uno che resta sveglio per una settimana...
Poi la macchina – racconta Martucci – è stata portata a Roma e regalata al papa. Nel frattempo Martucci, da par suo, era entrato in confidenza con il generale Giani che lo ha invitato ad una udienza con papa Bergoglio, «mi ha detto che, visto che c’erano già macchina e autista, non vedeva l’ora di venire a farsi un giretto a Venezia». 

 

Ultimo aggiornamento: 08:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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