VENEZIA - C’è un gruppo di finanziatori internazionali pronto ad acquistare Palazzo Donà Balbi dove ricostruire il Teatro di San Cassino. Le trattative tra Paul Atkin, l’imprenditore musicologo inglese che da otto anni sta portando avanti il progetto di ricostruire a Venezia la copia fedele della struttura seicentesca, primo esempio di teatro pubblico d’opera al mondo, e il gruppo di finanziatori (ci sono inglesi, francesi, ma anche italiani) si è concretizzato nei giorni scorsi. E l’altro giorno lo stesso Atkin, a nome della San Cassiano Group, ha informato Ca’ Farsetti di questo sviluppo che punterebbe tutto sull’ex sede dell’ufficio scolastico regionale in Riva de Biasio, vuota da anni e tra le proprietà della Città Metropolitana.
Il progetto
Ora l’attesa è proprio per le decisioni dell’amministrazione. I tempi restano strettissimi. E il nodo è sempre lo stesso. «Il Comune teme che il nostro progetto non abbia i finanziamenti necessari. Ma i finanziatori per investire hanno bisogno di avere certezze sulla disponibilità del sito da parte dell’amministrazione» sintetizza Atkin. Un nodo che dovrà essere sciolto nei prossimi giorni, pena l’abbandono da parte della San Cassiano Group della scelta veneziana. Altre città europee sarebbero interessate. L’imprenditore musicologo, diventato veneziano, resta fiducioso e ribadisce i punti di forza di un progetto che porterebbe a Santa Croce un investimento da 60 milioni, creando 200 posti di lavoro, molti legati all’artigianato tradizionale, per realizzare un teatro che si autofinanzierebbe. «Palazzo Donà Balbi non sarebbe toccato. La nuova struttura verrebbe costruita sul retro. Ma senza toccare gli alberi» precisa Atkin. Edificio a impatto zero, ricoperto di rampicanti. Intanto a favore del progetto di San Cassiano prende forza la petizione online lanciata, giusto due settimane fa, da Marco Rosa Salva. Dal titolo “Un’occasione irripetibile che Venezia rischia di perdere”, diretta al sindaco Luigi Brugnaro, ieri sera aveva superato le 2.700 sottoscrizioni. «Il progetto non mira allo sfruttamento delle risorse cittadine, non chiede un soldo alla città, ha solo bisogno di un luogo dove poter edificare il teatro» ricorda, elencandone i potenziali benefici: dalla creazione di posti di lavoro qualificati, all’investimento in arte e cultura «di cui Venezia ha disperatamente bisogno per cercare di invertire la tendenza alla definitiva mercificazione della città».