Omicidio a Mestre. Un pestaggio furioso durato dieci minuti tra urla di aiuto: «Basta, basta, ho capito»

Domenica 13 Agosto 2023
Omicidio a Mestre. Un pestaggio furioso durato dieci minuti tra urla di aiuto

MESTRE - È proseguito per oltre dieci minuti il furioso pestaggio nell'ascensore, costato la vita a Lorenzo Nardelli. Lo sostengono gli investigatori sulla base delle testimonianze rese da alcuni residenti nel condominio nel quale si è verificato l'episodio di violenza, avvenuto nella notte tra mercoledì e giovedì scorso. Grazie al loro racconto e alle registrazioni delle telecamere di sorveglianza della zona, è stato accertato che il trentaduenne di Salzano ha parcheggiato la sua auto di fronte al civico 9 di Rampa Cavalcavia alle 22.55, per poi entrare nel condominio. Alcuni residenti hanno riferito alla polizia di aver sentito le urla proprio poco dopo le 22.55. Una signora, che abita al terzo piano, di fronte ai cugini Radu Rusu e Marin Rusu, ha spiegato di aver sentito voci concitate dal pianerottolo e di aver visto, attraverso lo spioncino, due persone uscire di corsa dall'appartamento e fermarsi di fronte all'ascensore, cercando di tirare fuori con la forza un giovane che diceva: «Scusa...scusa...non volevo».


IL PESTAGGIO
Quindi le due persone entrarono nell'ascensore e, dopo che le porte si chiusero, la donna ha sentito forti colpi e richieste di aiuto provenienti dall'interno.

Finalmente, dopo due tentativi senza risposta, alle 23.11 la donna riuscì a contattare il 113 per denunciare l'accaduto e chiedere l'intervento delle forze dell'ordine: «Ho sentito colpi a tutto spiano», disse all'operatore del centralino. Analogo il racconto di un vicino che abita all'ottavo piano, il quale ha sentito colpi provenienti dall'ascensore e, uscito sul pianerottolo, le richieste di aiuto: «Basta, basta... aiuto, ho capito... basta». L'uomo ha telefonato al 113 alle 23.03.


LA POLIZIA
Al suo arrivo in Rampa Cavalcavia i poliziotti sentono ancora rumori provenienti dall'ascensore e cercano di aprire le porte, riuscendo ad aprire una fessura dalla quale vedono due persone in piedi e una riversa a terra, in posizione fetale. L'apertura delle porte è ostacolata dall'interno: i cugini Rusu hanno spiegato di non aver aperto temendo che fossero i complici di Nardelli (secondo gli inquirenti non ci sarebbe stato però alcun complice) dichiarando di aver a loro volta chiamato i carabinieri. L'unica telefonata effettuata da Marin al 112 è delle 22.23 per denunciare l'effrazione di un ladro, da loro bloccato. A domanda del centralinista, il giovane risponde che non serve l'ambulanza. Secondo il giudice che ha convalidato l'arresto, i due cugini in quel momento erano già all'interno dell'ascensore e con quella telefonata volevano accreditare la versione del tentato furto da loro subito.
Quando i vigili del fuoco riescono finalmente ad aprire le porte dell'ascensore non c'è già più nulla da fare per Nardelli: i tentativi di rianimazione non hanno successo. I cugini Rusu vengono trovati sporchi di sangue, con escoriazioni sulle mani e sul corpo.


Nell'interrogatorio sostenuto di fronte al pm Stefano Buccini, Radu ha dichiarato: «Mentre ero in casa non mi ricordo di averlo colpito, in particolare alla testa... in ascensore l'ho solo fatto cadere a terra e l'ho colpito alle gambe, non alla testa». Ieri di fronte al gip ha aggiunto di averlo immobilizzato con il ginocchio, spiegando che Marin non ha partecipato alla colluttazione. Marian a sua volta ha fornito una ricostruzione dei fatti che, secondo il gip Scaramuzza contiene numerosi particolari in contraddizione con il racconto del cugino. «Ho visto Radu colpire con un calcio il soggetto mentre era a terra», ha riferito agli inquirenti.


ENTRAMBI RESPONSABILI
«Alle contestazioni delle reciproche contraddizioni i due indagati non hanno fornito spiegazioni accettabili, il Marian rispondendo "non ricordo" e il Radu dicendo che Marin probabilmente non aveva visto bene», si legge nell'ordinanza di custodia cautelare. Secondo il giudice, Nardelli fu fatto entrare nell'appartamento «per motivi che non sono ancora accertati e, una volta dentro, vi fu certamente un alterco che poi continuò nell'ascensore e che portò alla morte della vittima, ad opera di entrambi gli indagati; posto che, quand'anche emergesse che uno solo l'abbia colpito, è evidente che l'altro non solo non ha fatto nulla per fermarlo, ma con la sua compresenza ha rafforzato la determinazione criminosa del complice». (gla)

Ultimo aggiornamento: 14 Agosto, 07:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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