Murano, l'ultima levatrice-ostetrica dell'isola nella laguna di Venezia è Leda Martin

Domenica 24 Aprile 2022 di Manuela Lamberti
Leda Martin, ultima ostetrica di Murano
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MURANO - Ha fatto nascere più di 5mila bambini, è stata ostetrica, ginecologa, pediatra, confidente, testimone di segreti familiari ed anche un po' psicologa. La sua porta era sempre aperta e la sua casa un porto di mare per donne, bambini e uomini. Leda Martin, 89 anni, è stata l'ultima levatrice di Murano. Generazioni intere di bambini sono passate per le sue mani in oltre 40 anni di attività che non aveva sosta né orari e nemmeno giorni festivi. Perché si nasce senza preavviso. E allora bisogna correre. Col freddo, col caldo, di notte, per strada. Classe 1933, Leda è nata a Pradipozzo, nel comune di Portogruaro ed è l'ultima di 9 figli, una famiglia che di 6 femmine ha sfornato ben 5 ostetriche e una maestra.

Insomma, l'amore per i bambini ce l'avevano nel sangue. La sua è una lunga storia, costellata di episodi tristi, divertenti, di amore e di sacrificio. Ho fatto la scuola di ostetricia e poi ho partecipato a diversi concorsi, c'era molta concorrenza all'epoca, e nel 1955 sono venuta a Murano - racconta - non c'erano orari, se andavo in ferie dovevo trovare io una sostituta, come succede per i medici di base.


GIOIE E SODDISFAZIONI


La difficile esperienza del primo bambino nato down, i prematuri che esalavano l'ultimo respiro dopo pochi minuti ad aver visto la luce e lei che li battezzava, appoggiando delicatamente il segno della croce sul loro piccolo corpicino. A quei tempi non c'erano le culle termiche, era difficile che sopravvivessero e io avevo una sorta di dispensa dal parroco per battezzarli, in quei momenti ero in confusione però era un gesto che mi sentivo di fare - continua Leda - Se tornassi indietro rifarei tutto come prima, perché ho avuto tante disavventure ma anche tante gioie e soddisfazioni. Far nascere i bambini non è un lavoro come un altro, se perdi un bambino non tornerà più, è un'anima persa. Quando facevo nascere un bambino mi sentivo come il Padre eterno, non mi sarei cambiata con nessuno.
E se il parto resta comunque una cosa naturale ma rischiosa perché piena di incognite che si possono verificare durante il travaglio e anche dopo aver dato alla luce il neonato, Leda riusciva a vedere oltre: con il suo stetoscopio di legno auscultava le pance e riusciva a capire quanto esattamente avrebbe pesato quel neonato, o se era il caso di mandare la gestante in ospedale. Il parto va seguito e bisogna ragionarci tanto su, bisogna sentire, capire, palpare e io riuscivo a vedere oltre, se c'erano problemi, se era meglio chiamare la croce azzurra racconta.


IL MARITO


C'erano momenti in cui Leda poteva non tornare a casa anche per tre giorni, correndo da un letto all'altro, ma poteva sempre contare su un assistente speciale, che l'ha aiutata lungo tutto la sua carriera: il marito Iginio, sposato nel 1959, pronto ad aiutare la moglie in qualsiasi momento. Una volta c'è stato un distacco di placenta e lui ha messo in moto il motore della barca e ci ha accompagnate in ospedale - ricorda - o quella volta che un bambino è nato qui sotto, in calle, il 22 febbraio alle 2 di notte, con la donna mezza nuda distesa a terra: un uomo che abitava di sopra e soffriva di insonnia stava dipingendo casa ed era vestito con un camice bianco, ha sentito i rumori ed è sceso. Io ho chiamato Iginio ma lui vedendo questo uomo in camice bianco pensava fosse arrivato il medico ed è tornato indietro. L'ho chiamato di nuovo perché avevo bisogno di asciugamani, della borsa con gli attrezzi e i disinfettanti e nella confusione è sceso indossando una scarpa e una ciabatta.
I muranesi sono tutti un po' figli anche di Leda e di Iginio, la cui casa ospitava sempre tutti, con pazienza, amore e capacità di ascoltare. Venivano qua per qualsiasi cosa, adulti e bambini, il bagnetto, la febbre, un fungo, una dermatite, il marito le picchiava, erano ubriachi, o non erano sufficienti con le donne - racconta - continuano a telefonarmi ancora adesso, a mostrarmi gli esami del sangue, a chiedermi di visitarle.


IL PARTO PIÙ DIFFICILE


Per una beffa del destino, il suo parto è stato forse il più difficile, tanto da finire in ospedale e ricevere l'estrema unzione. Aspettavo due gemelli, Antonietta era podalica e Giovanni era messo di traverso, hanno dovuto fare un rivolgimento e anche lui è uscito podalico - racconta - Dopo il parto ho avuto un'infezione con febbre a 41 e non c'erano le sale di rianimazione. Sono stata incosciente per un giorno intero. Quando mi sono svegliata stavo bene, era passato tutto. Tempo dopo ho detto a Iginio che avremmo potuto fare un altro figlio e lui mi ha risposto: non con me. Leda ha smesso ufficialmente di lavorare negli anni 90, ma la sua porta è aperta oggi come allora, perché lei il mestiere e la dedizione verso gli altri ce l'ha nel sangue. Ha perso il marito e il figlio, ma non ha mai smesso di combattere e di farsi forza. Fino a due anni fa la si vedeva girare per Murano in bicicletta, poi il Covid l'ha costretta a casa e ha perso i muscoli. Non cammino più, mi manca il contatto con la gente, scambiare due parole conclude. Intanto suona il campanello, una donna chiede se Leda può affacciarsi alla finestra per salutarla. Perché Leda ha dato tanto e i muranesi non possono dimenticare la sua professionalità, il suo sorriso e la sua gentilezza, che l'hanno sempre contraddistinta, oggi come allora.

Ultimo aggiornamento: 17:48 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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