C'è un nodo da sciogliere, tra i tanti, per capire cosa
imbiglia la conclusione del
Mose. Ed è il
rapporto tra i commissari del Consorzio Venezia Nuova e il
Provveditorato alle opere pubbliche, vale a dire il braccio
operativo e l'ente politico di controllo dell'opera che
dovrebbe salvare
Venezia dall'acqua alta.
Rapporto basato su un equivoco di fondo: chi rappresenta, a
Venezia, l'autorità statale a cui è in carico
l'opera? Il Provveditorato infatti è diretta emanazione
del ministero delle Infrastrutture, i commissari sono stati
nominati dal prefetto di Roma (nel 2015 era Giuseppe Pecoraro) su
indicazione dell'Autorità anticorruzione (Raffaele
Cantone) e con evidente avvallo del Governo. L'equivoco d fondo
sta tutto qui. Perché in questi 5 anni di commissariamento
tanto il Provveditore quanto i commissari si sono sentiti in
diritto di dire «lo Stato sono io». Da qui è
nato un conflitto di competenze e di decisioni che ha fatto
avanzare l'opera solo del 5 per cento in 5 anni: nel 2015
eravamo infatti all'87 per cento, oggi siamo al 92-93. per i
commissari 94. Anche su questo non v'è certezza.
LA REGRESSIONE
In 5 anni il
Mose è rimasto praticamente
fermo. Questo, paradossalmente, comporta però una
regressione dello
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