Anche il ristorante Marco Polo di piazza Barche “vittima” del Covid

Martedì 15 Settembre 2020 di Alda Vanzan
I RICORDI Roberto Leonardi e le foto dei vip che hanno cenato al “Marco Polo” a Mestre
1
MESTRE - Per i cultori della granseola, era la migliore di tutta Venezia. Paolo Villaggio se ne sbafò tre, una dietro l’altra: «All’inizio mi era parso scettico, ordinò la greanseola con aria diffidente, molto diffidente, poi ne volle un’altra. E un’altra ancora». Per chi voleva stare leggero e mantenere la dieta, era una garanzia: l’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano gradiva il branzino, Pippo Inzaghi invece non cambiava mai menu, pasta all’olio e bresaola, anche se la specialità della casa era il pesce.

Quanti vip sono passati al Marco Polo, quanti politici, uomini del mondo dello spettacolo, quanto cultori delle Crêpe Suzette che il cuoco Roberto Leonardi “flambava” al tavolo, di fronte agli ospiti: la padella sulla fiamma viva, lo zucchero di canna, una noce di burro, il succo di arancia, le julienne di scorza del frutto, il brandy e poi la flambata col liquore. Uno spettacolo, non solo per la gola. Ebbene, adesso è finita. Il Marco Polo di Roberto Leonardi, lo storico ristorante in piazza Barche a Mestre, chiude i battenti. Una delle tante vittime del Covid, il virus che ha ammazzato e intubato i malati, ma che ha anche cambiato le abitudini, il modo di lavorare, di viaggiare, di spostarsi. E che ha messo in ginocchio tanti locali. «Abbiamo provato a resistere in tutti i modi. Con il delivery, l’asporto, le consegne a domicilio. Abbiamo tenuto duro sperando che la situazione migliorasse. Non è stato possibile, siamo costretti ad arrenderci. Il turismo a Venezia è sempre stato una pioggia, a Mestre arrivavano le gocce e ora qui in terraferma non ci sono più neanche quelle. Il settore del business è praticamente scomparso, i pranzi di lavoro non esistono più perché la gente lavora da casa, ha vinto lo smart working. Noi abbiamo provato a resistere, ma erano più le spese che le entrate».

LA GAVETTA
C’è dolore nelle parole di Roberto Leonardi, mestrino doc, 59 anni, figlio d’arte. Sia il papà che la mamma erano sommelier, la mamma tra l’altro prima sommelier veneta nel 1977. Scuola alberghiera ad Abano, una gavetta lunga, ma anche tante opportunità. «Ho avuto la fortuna di lavorare al Cipriani, nell’isola della Giudecca, quando ancora esistevano le brigate di cucina e c’era un responsabile per ogni settore: l’addetto ai primi piatti, l’addetto alle salse e ai secondi, l’addetto ai piatti freddi. E il pasticcere. Io, che ho fatto il commis tournant, ho imparato tutto».
IL DEBUTTO
Il Marco Polo a Mestre nasce nei primi anni ‘80, la gestione è sarda, il piatto che va per la maggiore sono gli spaghetti con la bottarga di muggine. È qui che Roberto Leonardi arriva nel novembre del 1988. Il locale è piccolo, un giardino fronte strada, una scala, una sala, alle pareti i grandi dipinti del mestrino Luigi Voltolina. Nel 2000 Leonardi rileva la gestione. Schivo, riservato, non è uomo di pubbliche relazioni, preferisce stare dietro i fornelli, controllare che i piatti siano a posto, che il pesce sia di prima scelta. Ma sa di appartenere a una categoria e non si sottrae: fonda l’Associazione Cuochi Venezia, è componente del Team Venezia Chef, va alle isole Lofoten e il suo baccalà mantecato commuove i palati più esigenti. Il locale si fa un nome, è frequentato da turisti e mestrini, un posto dove si mangia bene e si sta bene.

LA CRISI
La prima botta arriva con la crisi del 2008, quella che tutti ricollegano a Lehman Brothers. «Teniamo duro, ce la facciamo». Dodici anni dopo arriva il coronovirus. Il lockdown, la gente che comincia a pensare che è meglio mangiare a casa, i turisti che mancano, i clienti d’affari che non ci sono più, le tasse che vengono rinviate, non cancellate. Ieri mattina l’annuncio sui social: «Dopo oltre trent’anni il ristorante Marco Polo chiuderà i battenti. La scelta è dolorosa ma ben ponderata. Purtroppo, dopo vari tentativi, abbiamo capito che non è possibile continuare. Fino alla fine abbiamo cercato di rinviare questa decisione, lavorando con il sorriso in attesa di tempi migliori, capendo però nel tempo che la crisi del periodo si faceva sempre più incombente, e molto più grande di noi». Su Facebook fioccano i messaggi: dolore, dispiacere, tristezza. Perché è un altro pezzo di Mestre che se ne va. Roberto Leonardi scuote la testa: «Non so quali siano le ricette per risollevare Mestre. Noi ci abbiamo provato con la qualità e la professionalità. È andata così».
Ultimo aggiornamento: 16 Settembre, 15:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci