Marco Olivi, il professore degli animali: «Serve più equilibrio»

Martedì 24 Agosto 2021 di Vittorio Pierobon
Marco Olivi
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VENEZIA - La convivenza non è semplice. Uomo ed animali selvatici hanno esigenze diverse e regole comportamentali che spesso collidono. Il lupo e l'orso rappresentano gli esempi più eclatanti. Se anni fa eravamo preoccupati per la possibile estinzione, ora la paura riguarda la loro proliferazione. Belli da vedere nei documentari, inquietanti se incontrati in un bosco. Esiste un equilibrio possibile? «Certo, ma dobbiamo rapportarci alla natura con criteri scientifici», risponde il professor Marco Olivi, docente di Diritto amministrativo all'Università di Ca' Foscari e direttore scientifico del Master in Amministrazione e gestione della fauna selvatica. 


STUDIO ACCADEMICO

Un corso unico nel suo genere in Europa.

Solo l'università di Harvard ha un ciclo di lezioni simile. «La particolarità del corso - spiega il direttore - sta nella interdisciplinarietà. In genere chi si occupa della fauna è un esperto in biologia, ma servono anche altre competenze: giuridiche, economiche ed etiche. La fauna è spesso gestita da persone con ottima preparazione zoologica e biologica, ma carenti negli altri settori. Ed infatti quasi tutti i piani faunistici e i calendari venatori vengono impugnati al Tar. Ciò che è buono sul piano zoologico, può essere fragile su quello giuridico. Per questo nel nostro Master insistiamo molto su questa materia». 


NUMERO CHIUSO

Il Master, giunto al quinto anno ha un numero chiuso di 40 posti, ma il problema non è trovare gli iscritti, quanto selezionare le richieste. «Abbiamo una partecipazione qualificata e variegata, ci sono cacciatori e ambientalisti, dipendenti di enti pubblici e anche della Coldiretti. Tutte persone fortemente motivate che in genere già operano nel settore e vogliono allargare le loro conoscenze». 
L'altra materia che il professor Olivi ritiene fondamentale, per chi si occupa di fauna selvatica, è l'economia: «L'esempio paradigmatico è quello dei cinghiali, che stanno diventando una vera emergenza. Si parla di danni, ma non si quantificano, spesso addirittura non vengono denunciati. La proliferazione dei cinghiali è fuori controllo, si tratta di popolazioni destrutturate dove sono saltati i parametri naturali della vita di branco. Normalmente le femmine raggiungono prima la maturità sessuale, poi quella sociale, che le porta a comportamenti diciamo più prudenti. Oggi questo schema è compromesso, le mamme cinghiale hanno perso la prudenza e portano i figli dove c'è più cibo. Cioè vicino all'uomo. Provocando danni enormi. Con l'Accademia dei Georgofili di Firenze abbiamo avviato uno studio per quantificare i danni. Temo che i risultati saranno superiori a quello che si pensa. I danni sono davvero ingenti, perché - dobbiamo riconoscerlo - i cinghiali in Italia sono troppi». 


LA RIPRODUZIONE

E qui si entra nel campo minato del contenimento della specie. ll nucleo centrale del problema. Un aspetto etico, con implicazioni politiche e sociali. La parola che spaventa è selezione, che poi si traduce in uccisione. «Premetto che io adoro gli animali - chiarisce il professore - e una delle ragioni di questo Master è proprio la volontà di aiutare gli animali. Mi piace anche il cinghiale, un animale forte, costretto a vivere sempre in ambienti ostili, che ha sviluppato i sensi. Anche il lupo sta alla larga dal cinghiale, perché sa che in caso di lotta potrebbe ferirsi. E un grande predatore ferito è quasi spacciato. Detto questo resta il problema della selezione. Una questione giuridica ed etica. Per la legge l'abbattimento per il contenimento della specie deve essere l'ultima soluzione, dopo aver tentato con altri metodi, ma l'esperienza insegna che sono tutti palliativi. Compresa la castrazione chimica. Purtroppo la selezione si fa uccidendo». 


GLI ASPETTI MORALI

Il professor Olivi arriva a questa conclusione malvolentieri e cerca di mettere dei paletti etici: «Vanno evitate le sofferenze agli animali, anche se la morte è sempre un passaggio doloroso. Nei secoli c'è stata un'evoluzione culturale e l'uomo è diventato molto più rispettoso degli animali. Poi ci sono diverse sensibilità anche di tipo religioso. Pensiamo alla vacca, nelle nostre campagne è normale che finisca al macello, in India sarebbe inaccettabile. Oppure agli animali della savana. Qualche anno fa ha fatto scandalo l'uccisione di una giraffa allo zoo di Copenhagen, mentre in Africa la morte di zebre e giraffe è un fatto normale». Continuiamo a girare attorno alla questione, ma eticamente quando è giusto uccidere un animale? «Parlo da giurista. La legge 152 del 1992 per la Protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio e la legge quadro sui parchi prevedono il controllo che assomiglia alla caccia, ma è concettualmente diverso. Lo scopo è quello di portare la popolazione in equilibrio. Il soprannumero è nocivo alla specie stessa. Questo vale per il cinghiale, come già detto, ma anche per gli ungulati, la cui popolazione in alcune aree è cresciuta moltissimo». 


QUESTIONI APERTE

Sull'uccisione, a scopo selettivo, di cinghiali e cervi, pur con molti distinguo, cè una certa convergenza, anche gli animalisti fanno qualche concessione. Discorso diverso per lupo e orso, i veri animali selvatici che sono tornati nei nostri boschi. «Si tratta di animali particolarmente protetti, quasi intoccabili. L'abbattimento è consentito solo in casi estremi di tutela dell'ambiente, dell'uomo o della salute. Ma in Italia l'autorizzazione deve essere data dall'Ispra, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, il quale a sua volta dovrebbe rifarsi al Piano nazionale del lupo, che non è ancora entrato in vigore. Nessuno autorizzerebbe l'abbattimento di un lupo o di un orso. In alcuni casi si è usato il criterio dell'emergenza per bypassare la legge. Però da giurista devo dire che l'emergenza non sussiste, perché ormai sono anni che lupo ed orso vivono nel nostro territorio e ci sarebbe stato tutto il tempo per adottare normative chiare». Lupo ed orso non si possono toccare, però resta la paura degli incontri ravvicinati. Il Master dà suggerimenti pratici? «No, questo non rientra nelle finalità del corso. Io posso esprimere solo considerazioni personali. Il lupo nei secoli è stato caricato di una grande simbologia, spesso con connotazioni negative, anche se non mancano esempi opposti, come quello della lupa capitolina. Credo che abbia una cattiva fama che non si merita. E lo dico citando il biologo Luigi Boitani, grande esperto di lupi. Lui afferma che da quando l'uomo usa la polvere da sparo, il lupo non lo ha più aggredito. Per un motivo molto semplice: il lupo ha una forte memoria genetica è sa che l'incontro con l'uomo può essere mortale». 

Ultimo aggiornamento: 17:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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