La neopresidente: «Musei civici
più aperti a giovani e veneziani»

Martedì 5 Gennaio 2016
Mariacristina Gribaudi
Il suo primo pensiero è per quei giovani che lei, da imprenditrice ma pure da madre di sei figli sparsi per il mondo, conosce a fondo e con cui ama dialogare. Ed ecco, allora, che per i Musei Civici veneziani immagina spazi per i veneziani, giovani in primis, dove si possa bere un caffè in tranquillità, collegarsi a Internet, conoscersi e pure lavorare. Piglio energico, catapultata dal mondo nell’industria alla Fondazione musei civici di Venezia, la neo presidente Mariacristina Gribaudi  è piena di entusiasmo, curiosa, ma anche attenta a non urtare suscettibilità, interessata a fare squadra. «Io ormai lavoro ovunque - racconta - col portatile e il cellulare, non mi serve altro. I miei figli mi hanno fatto scoprire "We work", mi sono iscritta e così quando sono in giro posso prenotare posti per gli incontri di lavoro. Così si muovono i giovani. Perché non creare anche nei musei veneziani spazi a loro misura? Qui c’è un potenziale spaventoso».
56 anni, figlia di un imprenditore piemontese, la sua vita si è legata col matrimonio a un’altra famiglia di industriali storici, i Bianchi. Oggi si alterna col marito Massimo, ogni tre anni, nel ruolo di amministratore della Keyline spa, azienda di Conegliano che realizza chiavi. Una storia industriale che inizia addirittura nel 1700, e che proprio lei ha voluto documentare in un museo creato all’interno della fabbrica. La sua nomina a presidente dei Musei Civici risale al 21 dicembre scorso. Da allora si è già data da fare per conoscere la Fondazione. Ieri era a spasso con la direttrice Gabriella Belli tra alcuni dei "suoi" musei: quello del vetro a Murano, quello del merletto a Burano, il Correr a San Marco. Poi, sempre con a fianco la direttrice, un rapido incontro con i giornalisti. «Non posso che essere orgogliosissima di far parte di questo team - premette la presidente - con tutta l’umiltà affiancherò le persone competenti con la mia esperienza imprenditoriale. Non sono una tuttologa e lavoro in squadra. Sono convinta che per portare dei cambiamenti bisogna capire dove siamo e avere un buon rapporto col passato. Non cambieremo da domani».
Troppo presto, insomma, per parlare di programmi. «Ne incominceremo a discutere nel prossimo consiglio d’amministrazione» assicura. Qualche idea, comunque, la anticipa. Come quella degli spazi per i giovani. «Questi musei devono essere uno spazio aperto - immagina - per i veneziani costretti a chiudersi in casa per l’affollamento di turisti...». Gribaudi insiste molto sul «potenziale unico» di questo patrimonio. È rimasta colpita dall’incontro, al museo di Burano, con una ricamatrice novantenne. «Sarebbe bellissimo far conoscere alle nuove generazioni queste realtà. In un mondo invaso dalla paccottiglia, bisogna ripartire da arti e mestieri». Prime idee, accanto a una lista di priorità per «valorizzare le sedi», con la realizzazione dell’atteso ascensore per Ca’ Mocenigo e di un ingresso degno anche per il Correr (dove i disabili, oggi, sono costretti a entrare dall’uscita). Questioni non più differibili: «i tempi sono già scaduti».
Inevitabili, poi, le domande sulle questioni più spinose, come gli attesi sponsor privati: «Ci metteremo al servizio per dare alla Fondazione quel respiro a lungo termine che merita». O sulle consulenze costose: «Faremo delle verifiche per migliorarci. É il nostro mestiere». Glissa, invece, sulla mostra di Berengo Gardin sulle grandi navi, stoppata dal sindaco Luigi Brugnaro. «Evito di commentare ciò che è stato fatto prima». E pure sull’idea lanciata dallo stesso sindaco di vendere dei capolavori di Ca’ Pesaro per assestare il bilancio: «Conoscendo bene Luigi Brugnaro, al di là della provocazione, era più un richiamo al concetto di buon senso». «Una sorta di sos» le fa eco Belli. Storia passata, concordano le due. Per il futuro si vedrà.
Ultimo aggiornamento: 6 Gennaio, 08:08 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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