«Filippo per Giulia aveva fame di possesso, era un molestatore assillante: è un delitto aggravato da stalking»

L’avvocato della sorella Elena: «Lei era in ansia»

Mercoledì 29 Novembre 2023 di Angela Pederiva
Filippo Turetta e il carcere

VERONA - Nell’interrogatorio di garanzia si sono confrontate l’accusa e la difesa, pur senza un vero e proprio contraddittorio visto il ricorso alla facoltà di non rispondere da parte di Filippo Turetta. Ma nel momento in cui l’inchiesta sfocerà nel processo, la famiglia di Giulia Cecchettin ne farà parte a pieno titolo costituendosi come parte civile, anche se già ora i congiunti della 22enne intendono far valere il loro ruolo di persone offese dal delitto. Così i loro difensori ipotizzano un’altra possibile aggravante da ergastolo al reato di omicidio volontario (e sequestro di persona): oltre alla premeditazione, attualmente al vaglio della Procura di Venezia, pure lo stalking.

IL COMPORTAMENTO
Dalla casa di Vigonovo è trapelata una certa freddezza, intorno ai Cecchettin, nei confronti delle notizie provenienti dal carcere di Montorio Veronese. «Che fosse stato lui, lo avevamo capito subito: ne prendiamo atto, ma lo sapevamo», ha affermato l’avvocato Stefano Tigani, riferendosi all’ammissione di responsabilità resa da Turetta attraverso le sue dichiarazioni spontanee.

Del resto è chiaro che la partita giudiziaria non verrà giocata sul terreno del “chi”, bensì del “come”, del “dove”, del “quando” e del “perché”, tutti interrogativi a cui dovranno essere date le risposte necessarie a qualificare il delitto e a quantificarne la pena. La prospettiva del carcere a vita, nella sua astrattezza, per un omicidio volontario può profilarsi a fronte di aggravanti quali ad esempio la premeditazione appunto, oppure i motivi futili o abietti e la crudeltà dell’azione, ma pure gli atti persecutori, come sancito dalla Corte di Cassazione anche attraverso un pronunciamento delle Sezioni unite. E il femminicidio di Giulia è «aggravato dallo stalking», ha detto il penalista Nicodemo Gentile, che assiste la sorella Elena: «Turetta ha dimostrato di essere un “molestatore assillante”. Il suo comportamento, come sta emergendo da più elementi da noi già raccolti, è connotato da plurime e reiterate condotte che descrivono “fame di possesso” verso la nostra Giulia». Il riferimento è ai messaggi vocali inviati dalla laureanda alle amiche: «Mi sento in una situazione in cui appunto vorrei che sparisse, vorrei non avere più contatti con lui, però allo stesso tempo lui mi viene a dire cose del tipo che è “superdepresso”, che ha smesso di mangiare, che passa le giornate a guardare il soffitto, che pensa solo ad ammazzarsi, che vorrebbe morire...». Ha osservato l’avvocato Gentile: «Un assedio psicologico che aveva provocato nella ragazza uno stato di disorientamento e di importante ansia». Come nell’audio in cui la giovane confidava: «Questa cosa che io non vorrei vederlo più, perché comincio a non sopportarlo più, mi pesa. Non so come sparire. Nel senso: vorrei fortemente sparire dalla sua vita, ma non so come farlo, perché mi sento in colpa, perché ho troppa paura che possa farsi male». Invece lui l’ha fatto a lei, ha evidenziato il difensore, puntando il dito contro «un uso padronale del rapporto che ha spinto il Turetta prima a perpetrare reiterate azioni di molestie e controllo, anche tramite chiamate e messaggi incessanti, e poi, in ultimo l’omicidio, al fine di gratificare la sua volontà persecutoria».

IL CELLULARE
A proposito dei messaggi, durante il programma “Pomeriggio Cinque” la giornalista Grazia Longo ha rivelato che il cellulare della vittima sarebbe stato recuperato nella Fiat Grande Punto dell’assassino, ancora sotto sequestro in Germania ma destinata alle analisi del Ris di Parma: «È stato ritrovato, perché ho verificato prima di venire qua, ho fatto una telefonata e mi hanno detto che il telefonino di Giulia era nell’automobile e quindi rientrerà in Italia». In attesa dei riscontri, l’associazione Sbarre di Zucchero invita a tenere alta l’attenzione sulla casa circondariale di Montorio Veronese. «Il detenuto – ha rimarcato la co-fondatrice e vicepresidente Micaela Tosato – rimane un portatore di diritti. Turetta ha sbagliato, ma questo non lo annulla come persona. Mi auguro per lui che la direzione del carcere valuti bene il suo spostamento nel reparto “protetti”, una parola che stona con i tre suicidi avvenuti nel giro di tre mesi».
 

Ultimo aggiornamento: 16:57 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci