Casalesi, la Procura chiede 170 anni di carcere: 4 per l'ex sindaco Teso

Venerdì 16 Ottobre 2020 di Gianluca Amadori
SOTTO ACCUSA L’ex sindaco di Eraclea Graziano Teso
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ERACLEA
Prime richieste di condanna, per un ammontare complessivo di 170 anni di reclusione, per i presunti componenti del clan dei casalesi, riuscito ad infiltrarsi nel Veneto orientale e accusato di una lunga serie di reati. I pm veneziani Roberto Terzo e Federica Baccaglini hanno concluso ieri la requisitoria del processo che si sta celebrando con rito abbreviato, nell’aula bunker di Mestre, a carico di 24 imputati.
La condanna più pesante - 16 anni di reclusione - è stata sollecitata per Antonio Basile, 60 anni, indicato come uno degli uomini vicini al vertice dell’organizzazione e dunque del boss Luciano Donadio, il quale ha scelto invece di andare a dibattimento con rito ordinario. Pene pesanti anche per il cinquantasettenne Antonio Cugno (14 anni), il quarantottenne Nunzio Confuorto (13 anni e 6 mesi), il quarantaquattrenne Tommaso Napoletano (12 anni), il trentacinquenne Giacomo Fabozzi (11 anni e 8 mesi) e il quarantunenne Bernardino Notarfrancesco (8 anni e sei mesi). 
La Procura non ha calcato la mano, invece, contro l’ex braccio destro di Donadio, il sandonatese Christian Sgnaolin, 47 anni, che ha collaborato con gli inquirenti per fare luce sull’attività dell’organizzazione criminale e per il quale la pubblica accusa ha chiesto 6 anni e 6 mesi di carcere. Per il pentito Girolamo Arena, 38 anni, sono stati chiesti invece 5 anni e sei mesi. Pena un po’ più elevata (7 anni e 8 mesi) per il nipote del boss, Antonio Puoti, 34 anni: anche lui ha accettato di parlare con i pm per fornire elementi utili all’indagine.
IL POLIZIOTTO E L’EX SINDACO
Severa la pena - sei anni di carcere - sollecitata per l’ex poliziotto di Jesolo, Moreno Pasqual, 56 anni, accusato di essere stato al soldo del boss Donadio e di avergli fornito informazioni utili sulle inchieste. Per l’ex sindaco di Eraclea, Graziano Teso, 72 anni, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa per aver aiutato l’organizzazione criminale dall’alto della sua posizione di amministratore pubblico, la Procura ha chiesto 4 anni di reclusione. Mentre per l’avvocatessa Annamaria Marin, ex presidente della Camera penale veneziana, imputata di favoreggiamento del boss Luciano Donadio, all’epoca suo assistito, è stato sollecitato il minimo: due anni di reclusione, escludendo alcuni degli episodi inizialmente contestati.
E ancora: 8 anni e 4 mesi per Vincenzo Chiaro, 67 anni; 6 anni e 10 mesi per Francesco Verde, 41 anni; 6 anni e 6 mesi per Fabrizio Formica, 52 anni; 6 anni e 4 mesi per Tommaso Pizzo, 54 anni; 5 anni e 8 mesi per Salvatore Salvati, 58 anni; 5 anni e 4 mesi ciascuno per Valentino Piezzo, 34 annni, Saverio Capoluongo, 44 anni, e Ivkovic Slavisa, 58 anni; 5 anni per Ennio Cescon, 58 anni; 3 anni per Daria Poles, 37 anni; 2 anni e 8 mesi per Amorino Zorzetto, 66 anni; 2 anni e 4 mesi per Vincenzo Vaccaro.
AL VIA LE ARRINGHE
In aula era presente anche il procuratore capo di Venezia, Bruno Cherchi, il quale ha condiviso assieme ai suoi due sostituti le richieste di condanna.
La prossima settimana prenderanno la parola le parti civili costituite a processo per ottenere il risarcimento dei danni provocati dall’organizzazione criminale a singole persone e alla comunità di Eraclea e del Veneto orientale. Poi inizieranno le arringhe dei difensori. La sentenza è prevista tra metà e fine novembre, ma potrebbe anche slittare di qualche settimana. 
Nel frattempo prosegue il processo con rito ordinario, che durerà ancora molti mesi in quanto è necessario ascoltare decine e decine di testimoni per ricostruire i singoli episodi oggetto di imputazione, ma anche l’atmosfera di intimidazione e paura che il clan di Donadio era riuscito ad imporre semplicemente pronunciando il suo nome.
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