Estroversa, bella e intelligente: Elisabetta Caminer, la prima direttrice di giornale

Lunedì 27 Settembre 2021 di Alberto Toso Fei
Elisabetta Caminer nell’illustrazione di Matteo Bergamelli

Sagace, estroversa, bella, intelligente; galante ma capace di sostenere una polemica con fierezza. Gli aggettivi tramandati su Elisabetta Caminer sono tutti interessanti. E di certo non sono sprecati per una donna che fu giornalista, editrice, poetessa, traduttrice, pedagogista e regista teatrale, oltre che la prima donna direttrice di un giornale in Italia (e fra le primissime in Europa): precisamente de “Il giornale Enciclopedico”, creato da lei stessa nel 1774 allo scopo di diffondere le idee illuministe del tardo Settecento.

Niente male per una ragazza destinata dalla madre a fare la modista.

Ma facciamo un passo indietro: Elisabetta – primogenita di cinque figli – nacque a Venezia il 29 luglio 1751 da Domenico Caminer, storico e giornalista, e da Anna Meldini. Dopo aver ricevuto un'educazione sommaria, fu affidata dodicenne a una conoscente perché imparasse un mestiere, e cominciò così a praticare la bottega di una crestaia; ma non faceva per lei: innamorata dei romanzi francesi della fornitissima biblioteca paterna, iniziò a studiare quella lingua da autodidatta, formandosi poi su altre materie. E quando la madre la sottopose a regole più rigide, per via di alcune scappatelle amorose, si dedicò totalmente agli studi e alle letture, finendo per collaborare col padre alla redazione dei giornali di successo che Domenico Caminer creava in casa sua: come la “Nuova Gazzetta Veneta”, che proseguirà negli anni sotto i nomi di “Diario Veneto” e “L'Europa Letteraria”.

Da semplice copista, Elisabetta dimostrò ben presto di avere ambizione e ingegno: iniziò a produrre traduzioni, componimenti, creazioni poetiche. Peraltro, fu seguita nella strada del giornalismo anche dal fratello Antonio, che creerà un suo giornale così come la cognata, Gioseffa Cornoldi, che darà vita al primo periodico femminile mai esistito, “La donna galante ed erudita. Giornale dedicato al bel sesso”. Nel 1768 Domenico Caminer inaugurò le pubblicazioni del suo mensile “L'Europa Letteraria” con una traduzione del romanzo “La Principessa di Babilonia” effettuata da Elisabetta, che non aveva ancora diciassette anni.

Spigliata, brillante, indomita, e con una bellezza fuori dal comune, Elisabetta attirò ben presto l'attenzione del pubblico (e di decine di ammiratori): offriì ai suoi lettori notizie storiche, novità letterarie e scientifiche, aneddoti. Sostenne senza timori il “riformista” Carlo Goldoni contro il teatro “conservatore” di Carlo Gozzi (facendolo infuriare non poco). Condusse epistolari importanti con editori e scienziati: in una lettera al biologo e naturalista Lazzaro Spallanzani, Elisabetta si lamentò perché la sua condizione sociale le impediva studi scientifici, permettendole solo traduzioni e poesie.

Pur vivendo una condizione privilegiata, era pur sempre una donna, e per affrancarsi dalla sfera famigliare dovette cercare una sponda nel matrimonio: la trovò nel medico e naturalista vicentino Antonio Turra, botanico, scienziato di fama europea e direttore dell'Orto del vescovo di Vicenza, oltre che socio di varie Accademie. Si sposò nel giugno del 1772, a ventuno anni, e andò a vivere a Vicenza con lui.

Fu un matrimonio senza figli che fu caratterizzato sempre, anche nei momenti difficili, da un profondo legame. La società vicentina era diversa da quella veneziana, e quando la Caminer fondò il suo giornale illuminista, si trovò in difficoltà sempre maggiori a causa della censura. Pur rimpiangendo la sua Venezia, “libera, sciolta e buona città”, Elisabetta non lasciò mai Vicenza, e negli anni successivi – con l'appoggio incondizionato del marito – pur di pubblicare portò la tipografia nella loro casa di Contrà Canove, dove aveva dato vita a un cenacolo di intellettuali, scienziati, viaggiatori.

Tra le pagine del “Nuovo giornale enciclopedico” (dal 1790) dibatté su educazione, riforma del teatro, della lingua, della letteratura e delle scienze, firmando gli articoli con le sue iniziali. Vulcanica, produsse opere pedagogiche per donne e bambini, senza mai rinunciare al teatro, e istituì una scuola di recitazione. Nel 1795 le si manifestò un tumore al seno, operato senza successo. Oppressa dai debiti, e sempre inseguita dalle maldicenze di chi non ne capiva la levatura, impegnò l'argenteria e la biancheria. Sfinita dal male, morì a Orgiano nella villa dell'amico Giovanni Battista Fracanzan, il 7 giugno 1796, a nemmeno 45 anni d'età. Fu sepolta nella chiesa vicentina di Santo Stefano.

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