Crac Mio, spariti i beni e le proprietà trasferite in Bulgaria

Martedì 13 Luglio 2021 di Cristina Antonutti
L'azienda Mio Dino

PORDENONE - Beni immobili sarebbero stati sottratti al fallimento della Immobiliare Dino Mio snc di Portogruaro attraverso la creazione di un trust e il trasferimento delle proprietà a una società bulgara. 
Secondo la Procura di Pordenone, l'operazione sarebbe stata ideata da un avvocato di Modena.

Il procuratore Raffaele Tito ha chiuso le indagini chiedendo il rinvio a giudizio del legale e di diversi membri della famiglia di imprenditori portogruaresi Mio, il cui nome è legato alla storica azienda conosciuta a livello internazionale nel settore dell'arredamento.

QUATTRO FALLIMENTI

Quattro, tra il 2015 e il 2017, sono i fallimenti portati all'attenzione degli inquirenti da parte dei curatori fallimentari. 
La posizione più delicata riguarda i nove indagati coinvolti nella presunta distrazione di beni dell'Immobiliare Dino Mio, crac dichiarato il 17 novembre 2016. Sono Giuseppe Mio, 68 anni, Francesco Mio (63) e - posizioni marginali, come specificato dalla difesa - i familiari Daniela Vivan (69), Egle Nigris (59), Elena Mio (38), Andrea Mio (35), Alessandra Mio (42) e Paolo Mio (35), tutti di Portogruaro. Indagato anche l'avvocato modenese Alessandro Bitonti (48), attualmente detenuto per altra causa nel carcere di Rovigo. 
Secondo la Procura, sarebbe stato l'avvocato Bitonti a suggerire la creazione del Mio Trust (ottobre 2014), attraverso il quale i beni, una decina di appartamenti di proprietà ad uso abitazione, sarebbero passati alla bulgara Yaz Srl di Sofia. A Francesco Mio si contesta di aver distratto, sempre a favore della Yaz Srl, il capannone industriale che si trova in via Montecassino a Summaga. Il trasferimento del bene sarebbe avvenuto senza incassare alcuna delle 15 rate concordate per arrivare al corrispettivo pattuito di 400mila euro.

DISTRAZIONI MILIONARIE

A Francesco e Giuseppe Mio, inoltre, si contesta una distrazione di 7,5 milioni di euro mediante operazioni di prelevamento soci o di finanziamento in favore delle società partecipate: Industria Mio Dino Srl, Mio Dino Interior Design Srl e Immobiliare Dgf. 
Ai due, in concorso con Bitonti, la Procura imputa di aver distratto show room e magazzino della fallita Mio Dio Interior Design Srl (28 maggio 2015) per un valore di 605mila euro. All'imputazione di bancarotta fraudolenta si aggiunge poi una fattispecie semplice per la distrazione di 155mila euro a favore della Nimio Srl per l'acquisto della partecipazione detenuta nella Faram Spa.
Infine, per il solo Francesco Mio si ipotizza un aggravamento del dissesto della Veneto Real Estate Srl (110mila euro), il cui crac risale al 1. giugno 2017, e di aver occultato scritture contabili della Immobiliare Dgf Srl, fallita il 20 settembre 2016.

VERSO L'UDIENZA

A difendere la famiglia Mio sarà l'avvocato Roberto Ghini, che conta di scremare la lista degli indagati già in sede preliminare con un proscioglimento.
«Sono state coinvolte figure che non hanno nulla a che fare con questa vicenda - spiega -. Questa è una famiglia di grandi lavoratori che ha dato lustro al Nordest e non ha sottratto un euro. Dimostreremo che la visione della Procura è parziale. Purtroppo il gruppo ha avuto la sfortuna di incappare in un ceto bancario che l'ha attirata, come tante altre realtà della zona in quel periodo, in un gorgo tale che le ripercussioni sono state inevitabile anche per un colosso come la Mio». 
La difesa attende la fissazione dell'udienza preliminare per discutere le varie posizioni davanti al Gup.
 

Ultimo aggiornamento: 14 Luglio, 11:10 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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