«Dopo il Covid non arrivavano più auto». Ecco come è fallita la concessionaria Boldrin

Mercoledì 17 Gennaio 2024 di Fulvio Fenzo
Federico Boldrin, presidente della Boldrin Centro Auto Spa, nel salone di via Fratelli Bandiera a Marghera

MARGHERA - «Il Covid... il Covid. Per noi è stata la botta che ci ha messi in ginocchio. Passato il lockdown le vendite erano riprese, e anche bene, ma per due anni non sono arrivate le auto da consegnare ai clienti.

E senza le consegne non arrivavano i soldi. Per sopravvivere abbiamo bruciato tutto quello che avevamo. E poi non ce l’abbiamo più fatta».


Si torna sempre lì, agli effetti economici della pandemia. Federico Boldrin, presidente dell’omonima concessionaria di via Fratelli Bandiera 49 a Marghera, da lunedì in “liquidazione giudiziale”, trattiene le lacrime nel salone semivuoto mentre, a metà mattinata di ieri, entra Roberto Ficotto, il commercialista nominato dal tribunale che cercherà di mettere a posto i conti per saldare tutti i creditori, i lavoratori rimasti e quelli che se n’erano già andati.
 

LA STORIA 
«Tanti contratti, ma non si incassava - riprende Boldrin -. Abbiamo rincorso ogni difficoltà, cercato di trovare delle soluzioni per i nostri dipendenti (scesi da 20 a otto nell’ultimo biennio, ndr.) ma alla fine abbiamo consumato tutte le risorse che avevamo. Se penso che qui ci sono 43 anni del mio lavoro, della mia vita... La nostra è una “Spa”, ma gestita da sempre in maniera familiare. Il buco nei conti? Non sono cifre grandi... Tutti quelli che avanzano soldi saranno pagati vendendo gli immobili». Concessionario Citroen fino al luglio scorso (poi i francesi si sono affidati ad un altro salone), alla Boldrin era rimasta solo la Dr e il marchio collegato “Evo”. In novembre, consapevole delle difficoltà, a Marghera era arrivato Massimo Di Risio, patron della Dr. «È una bella persona, un grande imprenditore che sta producendo auto eccezionali - racconta Federico Boldrin -. Ci è stato vicino, ma non c’era più nulla da fare».
Boldrin Centro Auto era un’azienda con alle spalle una tradizione di più di 50 anni nel settore automobilistico; tre soci figli di Vivaldo, un autoriparatore vecchio stile che nel 1962 aprì a Mirano un’officina autorizzata Fiat, fino al 1989 quando ottenne il mandato per fondare una concessionaria Innocenti e poi Piaggio. Nel 2000 ad arrivare fu Citroën, prima in via Orsato a Marghera e poi, nel 2001, il capannone attuale in via Fratelli Bandiera, progressivamente ampliato, seguendo altri marchi e aprendo anche uno showroom a Chioggia.
 

I LAVORATORI
Il curatore Ficotto aveva già incontrato lunedì sera gli otto lavoratori rimasti nella concessionaria. «Siamo stati convocati anche noi come sindacati - spiega Diego Marcomini della Fisascat Cisl -. Di fatto si è trattato di una informativa sulla situazione, cioè sul provvedimento di liquidazione disposto dal Tribunale. Da parte nostra abbiamo attivato la procedura di tutela dei lavoratori attraverso il nostro ufficio legale: i dipendenti sono ora sospesi senza stipendio ed hanno facoltà di decidere di dimettersi, facendo scattare la Naspi, l’indennità di disoccupazione. La speranza, ovviamente, è che il curatore possa riuscire a dare continuità all’attività aziendale, anche se sarà un’impresa difficilissima». In passato i lavoratori assunti erano molti di più. «Anche una quarantina - riprende Marcomuni - ma già nel 2022 parecchi erano stati messi in mobilità o si erano dimessi. Dispiace davvero quando chiude un’attività storica come questa. Per molte concessionarie la situazione attuale è sempre più complessa, sia per la crisi del mercato che per gli ordini via Internet direttamente alle Case madri. Sopravvivere è difficile».

Ultimo aggiornamento: 17:21 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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