Covid-19 colpisce di più le donne, ma a morire sono gli uomini. Scoperto il motivo

Martedì 9 Febbraio 2021 di Angela Pederiva
Terapia intensiva

VENEZIA - Tra il Veneto e il Friuli Venezia Giulia, nei primi undici mesi di epidemia il Coronavirus ha colpito più donne (181.330) che uomini (166.175). Ma il tasso di letalità maschile è risultato nettamente superiore a quello femminile: 2,79% contro 2,45% secondo i dati di Venezia, 3,42% contro 3,18% stando ai numeri di Trieste. Del resto non è successo solo a Nordest, ma in generale anche nel resto d'Italia, tanto che il ministero della Salute ha promosso lo studio Medicina di genere e Covid-19, per analizzare le differenze sanitarie tra le due metà del cielo e individuare le possibili cause del diverso impatto clinico, riconducibili a una spiegazione biologica di base ma anche a variegate esposizioni ad altre patologie croniche e dunque al rischio di complicanze.
GLI IRCCS

L'indagine è stata condotta dalla rete dei 51 Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs), fra cui il San Camillo di Venezia, il Sacro Cuore-Don Calabria di Negrar (Verona), il Burlo Garofolo di Trieste e il Cro di Aviano. I ricercatori sono partiti da un dato ormai acquisito: «È il genere a fare la differenza, soprattutto nelle fasce di età inferiori agli 80 anni». Ma al di là di alcune differenze biologiche legate allo specifico maschile o femminile nella capacità di far fronte all'infezione, l'analisi dei dati indica l'importanza di prendere in considerazione variabili demografiche e sociali capaci di influenzare il tasso di variazione nella risposta dell'ospite sulla base del sesso di appartenenza e delle eventuali patologie preesistenti. Questa conoscenza è di fondamentale importanza: «Oltre al fattore età, che rappresenta un chiaro elemento di fragilità nel contesto assistenziale della patologia Covid-19, lo studio di alcune comorbilità in ambito cardiovascolare, endocrino-metabolico, immunologico, oncologico e neurologico offre, infatti, la possibilità di identificare le categorie di soggetti a maggior rischio di fatalità».
LE PROTEINE

Come detto, la prima differenza è genetica. «Dal punto di vista biologico scrivono gli esperti il virus entra all'interno della cellula mediante il legame della proteina Spike con la proteina Ace2 e il successivo utilizzo di una proteasi (un enzima, ndr.) della cellula ospite, Tmprss2. I livelli di entrambe le proteine, Ace2 e Tmprss2, sono più elevati nel sesso maschile, dal momento che la loro espressione è modificata dagli ormoni sessuali. Inoltre, il sesso è un determinante della risposta immunitaria in generale: gli individui di sesso maschile mostrano maggiore prevalenza e gravità di infezioni batteriche, virali e parassitarie rispetto al genere femminile». Non solo: nel caso di malattia severa, le femmine «sviluppano più alti livelli di anticorpi di tipo IgG rispetto ai maschi e questi ultimi presentano un più alto rapporto tra numero di neutrofili e di linfociti, indicativo di una prognosi peggiore».
LE CRONICITÀ

Ma la seconda grande diversità è costituita da un differente grado di fragilità rispetto alle cronicità. «Condizioni pre-esistenti, tra cui la patologia cardiovascolare, il diabete, l'obesità, la broncopneumopatia ostruttiva, i tumori, stati di immunosoppressione sottolinea la ricerca sono alla base di una vulnerabilità biologica comune ai due sessi che appare, però, modulata da comportamenti e stili di vita che dimostrano una disparità di genere. L'attitudine alla prevenzione, intesa anche come attenzione al proprio stato di salute, il monitoraggio periodico dei fattori di rischio e l'aderenza agli eventuali trattamenti farmacologici, oltre che lo stato occupazionale e il ruolo sociale, rappresentano elementi di differenza in grado di condizionare la patologia Covid-19 in relazione al genere a molteplici livelli». Seppur mediamente più attente dei maschi, comunque, anche le femmine patiscono uno svantaggio: «Dovrebbe essere tenuto in considerazione che le donne, seppur tendano a sviluppare una patologia più lieve, sono esposte ad un rischio maggiore di sviluppare eventi avversi alle terapie antivirali».
A.Pe.
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Ultimo aggiornamento: 14:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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