Corvi della Curia a processo, testimonierà anche il patriarca Moraglia

Sabato 9 Aprile 2022 di Nicola Munaro
VENEZIA Uno dei volantini affissi davanti alla Chiesa di San Salvador

VENEZIA - Non è stato necessario nemmeno dichiarare aperto il dibattimento che gli attori principali del processo contro i corvi del Patriarcato di Venezia hanno sentito l’esigenza di inquadrare l’intera vicenda nell’ottica della giustizia, quella - come si legge in ogni aula - uguale per tutti. 
A tracciare la rotta dell’intero processo è stato il giudice Stefano Manduzio prima, accettando tutti i teste proposti da accusa, parti civili e difese (questo il tema dell’udienza di ieri) e poi piantando paletti chiarificatori: «Il quadro di riferimento di questo processo è chiaro. Davanti a questo giudice laico, le parti potranno fare una rivisitazione del tutto. I riferimenti ci sono e ci saranno e saranno ammessi se nell’alveo di quello che è il capo d’imputazione», ha puntualizzato il giudice. Come a dire alle parti in causa che nulla verrà nascosto o fermato, se inerente al perno del processo. E cioè al contenuto di quei fogli affissi sui muri delle calli di Venezia tra gennaio e agosto del 2019 - ispirati da un mandante sconosciuto e firmati da un anonimo “Fra.Tino” - nei quali si narravano storie di prelati arraffoni, notti orgiastiche dai risvolti pedofili, con un patriarca se non connivente, quantomeno intenzionato a lasciar correre. 
A processo - l’accusa è di diffamazione - ci sono Enrico Di Giorgi, 76 anni, ex manager milanese alla Montedison di Marghera, con casa a Venezia, e Gianluca Buoninconti, 55 anni, tecnico informatico di Milano. Imputati di un processo che si snoderà tra il 24 giugno e l’11 novembre e che vedrà come testimoni il patriarca Francesco Moraglia e Massimiliano D’Antiga, già sacerdote e ridotto allo stato laicale da papa Francesco proprio per essersi ribellato allo spostamento dalla sua parrocchia di San Zulian e San Salvador in Basilica di San Marco. La presenza di D’Antiga tra i testimoni è stato il perno dell’udienza di ieri. Da una parte l’avvocato di parte civile Sarah Franchini aveva chiesto l’esclusione dall’elenco di chi aveva partecipato al processo canonico di D’Antiga («Non vorrei che diventasse cassa di risonanza mediatica della diffamazione per cui oggi siamo qui. I volantini sono a fascicolo e lei, signor giudice, potrà valutare se sono diffamatori o no») e dall’altra la difesa degli imputati: «Non possiamo non confrontarci con il contenuto dei volantini se non in termini di verità e veridicità: la sussistenza dei fatti è nucleo fondante della difesa».
La storia dei corvi è infatti legata in maniera viscerale allo spostamento in cattedrale dell’allora don Massimiliano D’Antiga. Il trasloco del sacerdote era stato osteggiato da fedeli che avevano manifestato per settimane contro il Patriarca. Poi, all’improvviso, tra gennaio e agosto 2019 ecco i fogli diffamatori capaci da portare alla costituzione di diciassette parti civili: monsignor Moraglia; il suo vicario, Angelo Pagan, e il Patriarcato, nonché numerosi sacerdoti e il parrocchiano Alessandro Tamborini.
 

Ultimo aggiornamento: 08:14 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci