Il "corvo" in Curia, quando la nobildonna minacciò il patriarca: c'è un dossier

Sabato 24 Luglio 2021
Don Massimiliano D'Antiga

VENEZIA - L'esistenza di un fantomatico dossier contenente informazioni su comportamenti sconvenienti messi in atto da parte di preti veneziani fu utilizzato per spingere il patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, ad affidare una nuova parrocchia a don Massimiliano D'Antiga, rimosso nel dicembre del 2018 da San Salvador, scatenando la rivolta di parte dei fedeli. 
È quanto emerge da alcuni degli atti d'indagine depositati nel fascicolo a carico dei due imputati rinviati a giudizio qualche giorno fa per diffamazione, in relazione ad una serie di volantini appesi a Venezia nei primi mesi del 2019, subito dopo la rimozione di D'Antiga, firmati da un anonimo Fra.Tino, nei quali si narravano le presunte malefatte di prelati arraffoni, alcuni dei quali impegnati in notti orgiastiche dai risvolti pedofili, e di un patriarca intenzionato a far finta di nulla.

Di questo dossier, però, non è mai stata trovata traccia dagli carabinieri che hanno indagato a fondo riuscendo ad individuare i due presunti corvi, il manager Enrico Di Giorgi, e il tecnico informatico Gianluca Buoninconti, senza però scoprire il mandante dei volantini diffamatori, rimasto nell'ombra.


«UTILE INFORMAZIONE»

A rivelare l'esistenza di «un dossier sui preti di Venezia», sono state una marchesa e la moglie di un noto avvocato veneziano le quali, nel maggio del 2019, riuscirono a farsi ricevere da Moraglia, per intercedere a favore di don D'Antiga e fargli ottenere un'altra parrocchia in centro storico. Era una delle due donne, appartenente all'Ordine di Malta, a citare per prima il dossier parlando con il parroco del centro storico, don Roberto Donadoni, dicendo che «sarebbe stato utilizzato qualora non venisse data una chiesa a D'Antiga».
Nell'incontro del maggio 2019, al quale presero parte anche il segretario del patriarca, Morris Pasian e il vicario Angelo Pagan, Moraglia invitò le due donne a consegnare l'asserito dossier alle autorità competenti per consentire loro di fare chiarezza su tutto ciò che fosse meritevole di accertamenti. Nella stessa occasione spiegò loro il motivo del trasferimento di D'Antiga, aggiungendo che era obbligo e dovere di quest'ultimo di adeguarsi a quanto richiesto dal Vescovo; e che in ogni caso l'ex parroco di San Salvador aveva rifiutato tutte le sue offerte. Le due signore assicurarono di non essere in possesso del documento, spiegando di averne soltanto sentito parlare e aggiungendo di aver voluto avvisare il patriarca non certo per minacciarlo, ma per fornirgli «una utile informazione». A Moraglia dissero che c'erano «molte persone scontente» per la rimozione di D'Antiga. Il parroco successivamente è stato ridotto allo stato laicale.


LA REGISTRAZIONE

Quel colloquio è stato registrato dagli investigatori in quanto lo stesso Moraglia, dopo essere stato informato da don Donadoni delle pressioni ricevute, decise di informare i carabinieri, temendo di trovarsi di fronte ad un tentativo di estorsione. Sull'episodio è ancora aperto un fascicolo d'inchiesta che il pm Massimo Michelozzi deve definire. E non è l'unica indagine: uno dei principali accusatori di don D'Antiga, Alessandro Tamborrini, ha infatti reso noto di aver sporto querela, alla fine di giugno, nei confronti della stessa nobildonna per aggressione e minacce. Nonché di essere intervenuto a Roma, presso l'Ordine di Malta, per segnalare l'accaduto.
Dopo l'incontro del 2019 i carabinieri hanno cercato di trovare traccia del dossier, ma senza risultato: con molte probabilità si trattava solo di un espediente per fare pressione sul patriarca.

Ultimo aggiornamento: 16:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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