Cecilia Venier, la veneziana che divenne sultana, la regina del Topkapi

Lunedì 7 Marzo 2022 di Alberto Toso Fei
Cecilia Venier Baffo ritratta da Matteo Bergamelli

A dodici anni, nel 1537, fu rapita nei pressi dell'isola greca di Paros dal corsaro ottomano Khair ad-Dîn Barbarossa, mentre in nave stava raggiungendo il padre Nicolò Venier, podestà di quel luogo; portata a Costantinopoli, fu destinata da Solimano il Magnifico all'harem di suo figlio (anche lui più tardi sultano con l'appellativo di Selîm II) del quale divenne moglie favorita con il nuovo nome di Nûr Bânû, che in Oriente significa Donna di Splendore. Cecilia Venier Baffo, assieme alla sua intelligenza, fu infatti celebre per la sua bellezza: la veneziana era conosciuta anche come Selifè, la Pura. Parente di Sebastiano Venier, Capitano da Mar e successivamente doge, anche lei si trovò a diventare una donna di comando, visto che divenne sultana, ma soprattutto sedeva nella reggia di Topkapi mentre il suo secondo cugino combatteva vittoriosamente sulle acque di Lepanto contro la flotta ottomana nel 1571.

Cecilia fu figlia naturale di Venier, che la ebbe con Violante Baffo al di fuori del suo matrimonio; e sebbene sempre legata alla sua terra d'origine non fece mai ritorno a Venezia o in qualsiasi altro luogo del dominio veneziano. Nel luglio del 1546 la Venier, da favorita, dette alla luce il principe Murâd III. Selîm II volle accertare l'origine patrizia della moglie, e nel 1558 apparve a Venezia un ciavusc, un messo, il quale col pretesto di acquistare armi fu incaricato di assumere informazioni sul casato della moglie del sultano.

l Senato dette volentieri informazioni al riguardo, chiarendo la discendenza della donna. Come assicurarono nei loro dispacci i baili veneziani che si succedettero a corte (come Jacopo Soranzo o Marino Cavalli), Nûr Bânû aveva grande influenza sulle decisioni del suo sposo, che la considerava la sua favorita per la sua estrema bellezza come per essere d'intelletto rarissimo.
Morto Selîm, divenne sultana madre, Validè Sultan, e come tale esercitò un grandissimo potere anche sul figlio: il bailo Paolo Contarini scrisse in una sua relazione del 1583 che Murâd III tiene in gran rispetto e molto ascolta il consiglio della madre per la reverenza che le porta et per la stima che fa delle sue rare qualità et molte virtù. La sua influenza fu propizia ai veneziani; infatti esortò il figlio a rinviare il disegno di togliere a Venezia l'isola di Candia, perché non voleva una nuova guerra contro la sua patria d'origine.
Cecilia Venier Baffo percorreva le vie di Costantinopoli con un corteo di venti carrozze, formato da guardie del corpo, eunuchi e donne del seguito; era in rapporti con le maggiori potenze europee e il suo potere era immenso. Nel 1580 anche Caterina de' Medici si rivolse a lei, con la preghiera di intervenire per il rinnovo delle capitolazioni. Mantenne costanti rapporti con la Serenissima, e negli archivi veneziani rimangono ancora suoi biglietti, come quello inoltrato nel 1582 al doge Nicolò Da Ponte, nel quale la sultana dice di conservare un tale ricordo della sua patria da promettere volentieri ogni favore. A farsi latrice dei messaggi fu la sua confidente più intima, l'ebrea Ester Kira.
Ma se ne conservano anche alcuni con richieste frivole o addirittura curiose, che comunque la Repubblica si affrettò a esaudire. A un altro bailo, Gianfrancesco Morosini, la Validè scrisse di aver ricevuto da Venezia due cani: però di tal sorte di cagnoli si lamentava non hò bisogno per esser grandi, et per haver del bracco; ma che siano bianchi et piccioli. Ma chiese anche un buon numero di cussini di qualche panno d'oro vago et vistoso, et per fodra qualche raso ò damasco, o brocadello de seta, e altri di panno di lana di due altezze. Il bailo informò della cosa il Senato, che il 4 giugno 1583 stanziò duemila zecchini per acquistare doni per la sultana madre. È questa l'ultima volta che in documenti della Serenissima si parla di Cecilia Venier Baffo: la sultana veneziana, infatti, morì il 7 dicembre di quell'anno.
Ancora oggi giace sepolta accanto a Selîm II in un mausoleo presso l'ex basilica, oggi moschea, di Aya Sofya, lasciando immense ricchezze: poco prima di morire, lasciò libere le sue centocinquanta schiave e le dotò ognuna di mille zecchini.
 

Ultimo aggiornamento: 9 Marzo, 11:11 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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