I cavallini bianchi nella Brussa allo stato brado: salvata la razza del Delta che rischia l'estinzione

Giovedì 19 Ottobre 2023 di Alda Vanzan
I cavalli bianchi della Brussa

CAORLE - Un anno fa, appena arrivati alla Brussa, erano intimoriti, spaventati. Erano otto cavalli fattrici e uno stallone. Tutti bianchi. E selvatici, anzi, inselvatichiti, come precisano gli esperti. Adesso, con la nascita di tre puledri dal manto rossiccio che presto scolorerà, sono in dodici, non hanno più paura, si avvicinano ai visitatori, si fanno tranquillamente accarezzare. Potrebbero essere utilizzati come cavalli da sella, ma non succederà: sono e resteranno allo stato brado. Un po' più sporchi del cavallino bianco che correva sulla spiaggia in una vecchia e famosa pubblicità di un bagnoschiuma, ma liberi comunque di correre e di stare all'aperto. Per dire: avrebbero delle tettoie a disposizione dove trovare riparo in caso di freddo, non ne vogliono sapere. E se piove, preferiscono ripararsi nel bosco.
Ad ammirarli, all'interno di Vallevecchia, l'azienda pilota di Veneto Agricoltura, quest'anno sono state 400mila persone.

Perché qui natura e turismo si mescolano, la gente d'estate arriva per vivere la spiaggia selvaggia, dove non esistono stabilimenti balneari né chioschi, mentre i foresti, soprattutto le famiglie, allungano la gita andando a vedere i nuovi cavalli. Come la Camargue? «Più della Camargue», dicono il presidente della Regione Luca Zaia e il direttore generale di Veneto Agricoltura Nicola Dell'Acqua che ieri hanno aperto le porte di Vallevecchia.

L'AZIENDA PILOTA
Siamo a Brussa, località di Caorle, provincia di Venezia, tra il litorale e la campagna. Da una parte l'acqua salata del mare, dall'altra l'acqua dolce degli acquitrini artificiali dove i cavalli, come e quando vogliono, rotolano e si infangano. Vallevecchia è l'azienda pilota e dimostrativa di proprietà della Regione e gestita da Veneto Agricoltura, l'ultimo grande sito costiero non urbanizzato dell'alto Adriatico. Su una superficie totale di circa 800 ettari, quasi la metà è occupata da aree di grande valore naturalistico: pineta e boschi planiziali litoranei, siepi, zone umide. Qui l'anno scorso è partito il progetto finalizzato alla rinaturalizzazione del Cavallo del Delta. Lo scopo è aumentare la numerosità effettiva di questa specie anche attraverso la ricostruzione dell'habitat tipico e del suo diretto ascendente, il cavallo Camargue. Gli iniziali nove cavalli bianchi sono stati portati a Vallevecchia dal Delta del Po. Nelle aree costiere dell'Emilia Romagna sono circa un migliaio (un numero comunque troppo esiguo per una specie, a rischio estinzione), in Veneto una manciata. Da un'indagine condotta da Arav, l'Associazione degli allevatori del Veneto, la consistenza di capi totali in regione era nel 2021 di 16 capi (7 fattrici e 9 stalloni), presenti in 10 allevamenti nelle province di Padova, Rovigo, Venezia, Vicenza, Verona. Nel 2022 con il nuovo nucleo alla Brussa è aumentato. E adesso ci sono anche i puledrini. L'obiettivo è salvarli dall'estinzione.

LE ORIGINI
Il Cavallo del Delta è diretto discendente del Cavallo Camargue, razza originaria dell'omonima regione che si trova nella Francia meridionale, nella foce del Rodano. È un cavallo che si adatta molto alle zone umide. Il suo principale utilizzo era per la conduzione delle mandrie di tori da combattimento, destinate alle arene. Dall'inizio degli anni Settanta la razza è stata introdotta nel Parco del Delta del Po che presenta strette analogie con il Delta del Rodano sia per le caratteristiche del terreno che per la tipica vegetazione palustre. L'origine del Camargue è molto antica e non del tutto chiara. C'è chi ritiene che provenga dalle paludi del Poitou, altri pensano che derivi direttamente dai cavalli orientali giunti con le invasioni saracene del Sud della Francia. Una terza ipotesi lo vede discendere direttamente dal cavallo preistorico che viveva in quella regione.

LA SFIDA
Una cosa è certa: nelle intenzioni di Veneto Agricoltura, la Brussa "batterà" la Camargue. «C'è più di un filo che collega la Brussa, il Delta del Po e la Camargue - ha detto Zaia -. La bellezza e l'estrema somiglianza dell'ambiente naturale ma anche i cavalli che lo popolano. Qui i cavalli vengono monitorati quotidianamente con lo scopo di far diventare questo sito un vero e proprio osservatorio in cui valutare, in modo scientifico, la moltiplicazione di soggetti della stessa razza equina e contrastare il pericolo di estinzione». «Vallevecchia con i suoi mille ettari è unica al mondo - ha detto Dell'Acqua -. Abbiamo quattro biotopi, l'acqua naturale e salata, lagune, spiaggia, agricoltura conservativa e rigenerativa. Qui, ed è uno dei pochi casi, l'uccello fratino ha aumentato la nidificazione. La sfida era far convivere natura e turismo, ci stiamo riuscendo. Volevamo replicare la Camargue, invece è nato il "modello Vallevecchia"».
 

Ultimo aggiornamento: 20 Ottobre, 13:11 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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